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Il Vescovo ha dedicato l’altare e benedetto l'ambone

di Nicola Cordioli

A Santa Lucia ai Monti: entrambi sono stati utilizzati per la prima volta nella Veglia Pasquale

Il Vescovo ha dedicato l’altare e benedetto l'ambone

di Nicola Cordioli

Nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia ai Monti, a Valeggio sul Mincio, una nutrita rappresentanza della comunità locale ha partecipato lo scorso sabato 24 maggio alla Messa, presieduta dal vescovo Domenico Pompili, per la dedicazione del nuovo altare e la benedizione dell’ambone, entrambi realizzati in marmo bianco di Asiago. Una celebrazione incentrata proprio sull’ascolto della Parola del Signore, nel cui nome sono stati benedetti questi due luoghi liturgici. E che ha visto svolgersi riti peculiari come l’aspersione con l’acqua benedetta, le litanie dei santi, la deposizione nell’altare delle reliquie di santa Lucia, san Zeno, santa Toscana e san Pietro martire, la preghiera di dedicazione, l’unzione con il Crisma, l’incenso bruciato in un braciere collocato sull’altare che poi è stato coperto dalle tovaglie e illuminato.

Nell’omelia il pastore della nostra diocesi ha riflettuto sul fatto che «Gesù sta congedandosi dai suoi, e prima di separarsi in maniera definitiva, dal punto di vista fisico, […] il suo cuore sembra attraversato da un doppio sentimento: per un verso Gesù mostra consapevolezza che l’ora decisiva è giunta, e dall’altro però percepisce umanamente la sua fatica a staccarsi dagli altri. Per questo Egli è turbato, e cerca però di rincuorare i suoi, che vivono pure loro sentimenti contrastanti: la consapevolezza che Egli è risorto, ma anche che sta per scomparire ai loro occhi, ed entrambi vivono questa situazione di distacco, di congedarsi e distaccarsi».

Ha poi continuato monsignor Pompili: «E se si pensa, la nostra vita è fatta di una serie di distacchi, però aprono ogni volta a una nuova possibilità. […] Vivere come Gesù, cioè amando il Padre e concretamente amando il prossimo è la strada per non perdere mai nella propria vita questa consapevolezza che siamo uniti a Lui; è l’amore del prossimo la controprova dell’amore di Dio». Quindi il presule ha richiamato l’importanza della preghiera: «Ogni volta che nella nostra vita lasciamo spazio alla preghiera è come se respirassimo a pieni polmoni ed avessimo la possibilità di non essere schiacciati nel particolare, in quanto la preghiera ci aiuta a ritrovare l’orizzonte… Essa non è più un obbligo, ma è un bisogno del cuore». La pace che dona Gesù «non è quella che ci riduce al silenzio, ma quella di chi si insinua e rende il cuore sempre inquieto, mai appagato e pienamente insoddisfatto. La pace di Gesù non è la pace dei sensi, o la pace dei morti… Essa convive con una profonda inquietudine perché soltanto se siamo inquieti, cioè se non ci facciamo bastare le cose che abbiamo, allora il nostro cuore può essere in pace come accade anche nella vita dei più giovani se mantengono questa inquietudine e non si lasciano vincere dalla soddisfazione dei bisogni».

Al termine ha preso la parola don Pablo Zambruno, il parroco, per ringraziare di cuore il Vescovo, i vari esponenti delle realtà sociali che animano e popolano la comunità, e anche i confratelli che hanno concelebrato: il cancelliere vescovile mons. Massimo Boarotto, che sabato festeggiava 45 anni di sacerdozio, don Giovanni Barlottini, don Nicola Moratello, il diacono Massimiliano Forigo che ha aiutato nel servizio liturgico con il figlio Giuseppe come chierichetto. 

Un pensiero anche a chi ha contribuito a realizzare le due opere benedette, sottolineando le “dioincidenze”. L’altare era stato collocato il Sabato Santo, e la prima celebrazione è stata la Veglia Pasquale. Quindi il primo Vangelo proclamato dall’ambone è stato quello della Resurrezione. Nella seconda lettura, tratta dal Libro dell’Apocalisse, si cita la Città Santa, quadrata, in modo tale che ogni lato ha tre porte, su ognuna delle quali c’è scritto il nome di un apostolo: proprio il nuovo altare ha questa forma massiccia. 

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