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Don Pedrollo, testimone della carità di Cristo

In Sant’Anastasia Messa del Vescovo e chiusura del processo diocesano per la beatificazione del successore di don Calabria

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Don Luigi Pedrollo

Si chiuderà questa domenica 20 settembre l’inchiesta diocesana per la beatificazione e canonizzazione del servo di Dio don Luigi Pedrollo, sacerdote e superiore generale dal 1955 al ’67 della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. Nella stessa basilica di Sant’Anastasia, dove il 20 febbraio 1986 vennero celebrati i funerali di don Pedrollo, presieduti dal vescovo Giuseppe Amari, alle 16.30 mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona, presiederà una Messa, al termine della quale si svolgerà la sessione conclusiva del processo diocesano iniziato il 15 giugno 2018. In questi due anni sono stati sentiti 48 testimoni e anche i tre periti della Commissione storica, come pure sono stati presi in esame i numerosi scritti, editi e inediti, lasciti da don Pedrollo nei suoi 97 anni di vita.
In preparazione a questo evento, sabato scorso nella Casa madre dell’Opera don Calabria in San Zeno in Monte, si è svolto un convegno volto ad approfondire la figura del Servo di Dio “sacerdote apostolico sulle orme di san Giovanni Calabria”.
Padre Miguel Tofful, superiore generale della Congregazione, ha messo in luce come don Luigi abbia risposto pienamente alle chiamate che Dio gli ha rivolto. Anzitutto quella alla vita cristiana, alla santità, che ebbe a sentire sin da ragazzino a San Gregorio di Veronella, dove era nato l’ultimo giorno dell’anno 1888, nella sua numerosa famiglia (nove figli) «caratterizzata da una fede viva, profonda e dalla laboriosità con il senso della responsabilità della vita». Ogni mattina tutti quelli che avevano più di 4 anni andavano a Messa, quindi tornavano a casa per la colazione e poi a scuola. Per Luigi erano sette chilometri all’andata e altrettanti al ritorno, a piedi. E ogni sera si raccoglievano tutti insieme per recitare il Rosario. «La fatica e il sacrificio, l’onestà e la responsabilità, insieme alla dimensione spirituale maturavano sempre più il vissuto della sua vita cristiana e la chiamata alla santità». Vi fu poi la vocazione al sacerdozio. Entrò nel Seminario di Vicenza (San Gregorio di Veronella appartiene infatti alla diocesi berica) nel 1902 all’età di 14 anni e venne ordinato dieci anni dopo, il 28 luglio 1912. In età avanzata scriverà: “Per grazia del Signore io non avevo che un ideale della mia vita: il sacerdozio. Non ebbi mai un tentennamento, una perplessità”. Infine la vocazione all’Opera, «la chiamata nella chiamata». Aveva sentito parlare molto bene di don Giovanni Calabria in Seminario, lo incontra per la prima volta nel 1909 «e viene conquistato dal suo ideale di vita santa, fuori dal comune – ha raccontato il casante –. Nasce un’amicizia tra loro due che viene nutrita attraverso lettere dove emerge chiaro questo suo desiderio di unirsi a don Calabria al più presto». Il fondatore «lo incoraggia, lo rassicura amabilmente, lo consiglia con fine e delicata pedagogia, comincia ad educarlo allo spirito dell’Opera, invita a vedere e interpretare i segni della Provvidenza che senza nessuna fretta il Signore va manifestando». L’ingresso nell’Opera avviene l’11 giugno 1914. Due caratteri diversi quelli di don Giovanni e don Luigi, «ma hanno le stesse passioni». La fiducia nella Provvidenza, l’amore per la Chiesa, l’apertura ai laici, la passione evangelizzatrice (nel 1959 aprì la prima missione dell’Opera in Uruguay) caratterizzarono la vita del servo di Dio. «Possiamo affermare che la risposta di don Luigi a queste chiamate di Dio non ha soltanto beneficato e arricchito la sua vita personale, ma ha contribuito e consolidato l’Opera stessa», ha concluso padre Tofful.
Sono seguite alcune significative testimonianze tra cui quella di mons. Guido Todeschini che ha avuto don Pedrollo come padre spirituale e lo incontrava ogni settimana, il martedì pomeriggio, a San Zeno in Monte. «Riguardo alla scelta fatta da Telepace di vivere senza supporti pubblicitari – ha raccontato il fondatore dell’emittente radiotelevisiva – mi parlava spesso della divina Provvidenza e del suo stile, cioè che la Provvidenza non segue schemi particolari o di consuetudine, ma è sempre nuova, strana... Alla Provvidenza bisogna credere, la Provvidenza deve essere invocata perché è Dio».
Don Pietro Cunegatti, superiore generale dell’Opera don Calabria dal 1984 al ’96, conobbe don Pedrollo quando aveva 11 anni nella casa di Ronco all’Adige. «La mia impressione è sempre stata di una persona veramente santa, che mi attraeva e mi incentivava sulla stessa strada sua. Viveva una profonda comunione con Dio, alimentata da lunghi tempi di preghiera ed era di una carità eroica» che manifestava verso i più poveri e bisognosi, ha ricordato.
Tra gli incarichi assolti dal servo di Dio vi fu quello, dal 1957 al ’61, di visitatore apostolico dell’Istituto delle Poverette della Casa di Nazareth, fondate dal venerabile padre Filippo Bardellini. Ne ha parlato la superiora generale, madre Teresina Cavazza, la quale ha sottolineato come don Pedrollo fosse «persona convinta e convincente, presente e paziente, tessitore di rapporti, capace di mediare nella fedeltà al carisma». Fu «testimone della carità di Cristo. Il suo sguardo mite, il suo tratto affabile e delicato, la sua instancabile dedizione per la nostra opera hanno lasciato un ricordo incancellabile, una venerazione riconoscente. Per il nostro istituto è stata una persona veramente donata dalla divina Provvidenza». Fu infatti don Pedrollo ad ottenere all’Istituto il riconoscimento civile e religioso.
Sugli scritti del successore di don Calabria alla guida dei Poveri Servi si è soffermata la prof. Paola Dal Toso, presidente della commissione storica. Tra i temi ricorrenti, è molto presente «l’esigenza di vivere santamente. “L’Opera deve essere santa officina di santi”, scriveva. L’anima della vita religiosa è la preghiera. Nonostante gli impegni, l’accompagnamento spirituale di tantissime persone, nonostante le ore dedicate a scrivere, il tempo che lui dedicava alla preghiera era consistente. Al mattino e alla sera sostava spesso in cappella inginocchiato a pregare. “Coltivate la vita interiore, vivete tutti in Dio e Dio in tutti”. Emerge anche una profonda devozione per la Madonna che lui chiama la “Mamma del cielo”. Un altro elemento fondamentale è il fidarsi del Signore, il filiale abbandono in Dio. Ovviamente la spiritualità di don Calabria è certamente fatta propria da don Luigi. Continua a ripetere che “la Provvidenza è una buona mamma”».
Il prof. Giuseppe Perazzolo, componente della commissione storica e moderatore del convegno, lo ha definito «un carattere forte e nel contempo un uomo mite». Quella mitezza lodata da Gesù nel Discorso della Montagna.

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