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Pellegrini tra le chese di Verona

Crescono i percorsi della Minor Hierusalem sulle orme della Storia. Presentato "Rinascere dalla terra. Verona crocevia di di civiltà storia e cultura"

Pellegrini tra le chese di Verona

Riscoprire Verona dalla prospettiva dell’antica via Postumia che attraversa il cuore della città incrociandosi con il decumano massimo, antica strada romana. E disseppellire così, un passo dopo l’altro, le stagioni della storia andando alle radici della civiltà scaligera. Sono cinque le chiese che l’itinerario “Rinascere dalla Terra. Verona crocevia di civiltà, storia e cultura’’ permette di riscoprire: San Zeno in Oratorio, San Lorenzo, Sante Teuteria e Tosca, San Giovanni in Foro e San Benedetto al Monte. Un susseguirsi di sacelli e cripte lungo un percorso urbano che alterna monumenti romani, il castello scaligero, i maestosi palazzi di corso Cavour.

Verona piccola Gerusalemme vista da acqua, terra e cielo
Sono tre gli itinerari che illustrano 16 chiese in città

Tre itinerari per vivere in modo nuovo la città: da turisti, ma anche come pellegrini che scoprono la “piccola Gerusalemme” bagnata dalle acque dell’Adige. A due anni dall’avvio di “Verona Minor Hierusalem”, il progetto promosso dalla Diocesi con il sostegno di Banco Bpm e Cattolica Assicurazioni unisce i tasselli e diventa parte di una geografia più ampia e articolata.
Al tour che diede inizio a questa apprezzata esperienza, “Rinascere dall’acqua. Verona aldilà del fiume” che ha condotto oltre l’ansa dell’Adige circa 163mila visitatori, si aggiungono infatti altre due nuove proposte. La prima è “Rinascere dalla Terra. Verona crocevia di civiltà, storia e cultura” (con tappe a San Zeno in Oratorio, San Lorenzo, Sante Teuteria e Tosca, San Giovanni in Foro e San Benedetto al Monte); quindi “Rinascere dal cielo, tra le note di Mozart e una nave di Santi”, che si snoda invece tra le vie del quartiere di Veronetta, tra San Nazaro, San Paolo, Santa Maria al Paradiso, San Tomaso Cantuariense, Santa Toscana e infine San Fermo.
Questi tre itinerari annodati dal filo rosso della rinascita compongono, nel loro insieme, la parte scaligera della Romea Strata: il percorso di pellegrinaggio che, su un’idea dell’Ufficio pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza, riconduce sui passi dell’antico sistema di vie che dal nord-est d’Italia si dirigevano a Roma. Era la principale via attraversata dai viandanti medievali che provenivano dalle Alpi orientali e da Venezia per raggiungere le tombe di Pietro e Paolo: un lungo tracciato che a Verona, per la parte urbana, sarà indicato da 96 frecce segnaletiche e da 6 bacheche realizzate dal Comune, arricchendo così l’offerta culturale della città.
Di questo e di peregrinazioni in generale si parlerà nel convegno “Verona tra cammini europei e pellegrinaggi urbani” promosso sabato 15 dicembre, dalle 9 alle 12.30 alla Gran Guardia, al quale parteciperà anche il vescovo, mons. Giuseppe Zenti. A un bilancio del primo biennio di attività del progetto diocesano seguirà la lectio magistralis incentrata su “Il valore del pellegrinaggio lungo le vie d’Europa, ieri e oggi”, che avrà per relatore Paolo Caucci von Saucken, presidente del Comitato internazionale di esperti del Cammino di Santiago; chiuderà la mattinata don Raimondo Sinibaldi, ideatore del progetto della Romea Strata.
È possibile percorrere i tre cammini della Verona Minor Hierusalem in autonomia, affidandosi al materiale messo a disposizione presso l’infopoint che ha sede nella chiesa di San Pietro Martire (in via Sant’Alessio, 34), oppure essere accompagnati dai volontari presenti nelle 16 chiese cittadine e adeguatamente formati. Il primo itinerario è fruibile dal giovedì alla domenica in orario 10-17.30, ad esclusione delle cerimonie religiose; dal 22 dicembre il secondo e il terzo sono percorribili tutti i sabati dalle 10 alle 17.30, escluse le cerimonie religiose; alcune variazioni riguardano l’accesso a San Lorenzo, visitabile dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17.30, infine San Benedetto al Monte dove la chiesa è aperta dalle 10 alle 17. Per info: 342.1820111.
Marta Bicego

San Zeno in Oratorio
Il secondo itinerario della Verona Minor Hierusalem inizia nella chiesa di San Zeno in Oratorio, chiamata anche San Zenetto, dov’è custodito il masso su cui secondo la tradizione san Zeno si sedeva per pescare nelle acque del fiume Adige.
L’edificio, che poggia le fondamenta vicino al crocevia tra le vie Postumia e Gallica, ha avuto nei secoli uno sviluppo architettonico complesso, tra crolli (a seguito di 69 inondazioni), rifacimenti e ristrutturazioni; aggiunte che non ne hanno comunque stravolto l’insieme. Se dell’originario nucleo pre-romanico non rimane nulla, l’attuale struttura risale al tredicesimo secolo e a interventi successivi. Settecentesche sono per esempio le statue che, sul muro di cinta, accolgono il visitatore, così come il portale disegnato da un’arcata modanata in tufo; al Cinquecento risale la facciata romanica in cotto, a tre campate divise da lesene che culminano in pinnacoli.
Non meno suggestivo è l’interno della chiesa, a tre navate sovrastate dal tetto a capriate, a ricreare un ambiente raccolto, che invita al raccoglimento in preghiera. Proprio come era solito fare san Zeno, che qui si ritirava a meditare. L’effige del patrono si può ritrovare dietro all’altare centrale, dove un piccolo coro ospita una statua del santo attribuita a Rigino di Enrico. Policroma e alta più di due metri, presenta san Zeno con il pastorale nella mano destra, la barba curata, il volto chiaro: è una delle immagini più conosciute del santo, rappresentato qui in modo assai ieratico e simbolico.                 
San Lorenzo
II pellegrinaggio urbano prosegue affiancando l’imponente castello scaligero e l’Arco dei Gavi. Percorrendo corso Cavour, la seconda tappa dell’itinerario contempla San Lorenzo il cui assetto moderno risale al primo decennio del dodicesimo secolo.
Per il pellegrino il colpo d’occhio, complice la modulazione degli spazi e la varietà delle opere contenute, è immediato: tra pilastri compositi e colonne monolitiche; ampie tribune che corrono lungo le navate laterali; l’accesso ai piani superiori è consentito da due possenti torri scalari addossate alla facciata. All’interno della chiesa sono presenti invece capitelli di varia fattura: corinzi con foglie d’acanto spinoso nella crociera e nel presbiterio, con aquile nelle cappelle laterali, a foglie lisce nelle navate e nelle gallerie.
Tra le antiche mura di San Lorenzo germogliarono inoltre illustri esempi di santità della chiesa veronese. Il 2 marzo 1774 l’edificio accolse il battesimo di santa Maddalena di Canossa, alla quale è dedicata la cappella nella torre meridionale. Sotto la guida del rettore don Pietro Scapini, qui maturò la propria inclinazione sacerdotale anche san Giovanni Calabria, che per un certo periodo risiedette nelle gallerie assieme alla madre e ai fratelli; a San Lorenzo non a caso celebrò la sua prima messa nella solennità dell’Assunta del 1901, prima di intraprendere il percorso apostolico che lo portò a fondare nel 1907 i Poveri Servi della Divina Provvidenza.
Sante Teuteria e Tosca
Altrettanto affascinante è la storia delle sante Teuteria e Tosca, il cui sacello costituisce la terza tappa del tour. Visibile raggiungendo piazzetta Santi Apostoli, l’edificio (più volte rimaneggiato negli anni) è una tipica struttura a croce greca, coperto da volte a botte, legato alla parrocchia dei Santi Apostoli.
Già nell’ottavo secolo pare che il vescovo Annone abbia collocato in un’urna i due corpi delle giovani donne trovati nel vicino cimitero cristiano, riconsacrando il tempietto e operando delle modifiche alla struttura. Resti che, nel corso di una ricognizione avvenuta nel corso del 1160, furono rinvenuti assieme a una lamella plumbea con l’iscrizione paleocristiana Teuteria Virgo Deo Dicata.
Questa fu l’occasione per raccogliere le reliquie all’interno di un’urna decorata, per mettere nuovamente mano all’architettura mantenendo soltanto alcune murature e per riconsacrare il luogo.
Con il vescovo Elia, nel 1427, l’arca viene innalzata su quattro colonne, dai capitelli diversi, sorrette da un alto zoccolo in marmo rosso di Verona. Risale a questo momento l’inserimento sulla parte anteriore dei rilievi marmorei raffiguranti Santa Teuteria, a sinistra, e Santa Tosca, a destra, ad affiancare una Madonna con il Bambino adorato da San Procolo, altro vescovo scaligero nonché fratello di Tosca.
San Giovanni in Foro
Proseguendo oltre porta Borsari, è una sorpresa trovare la chiesetta di San Giovanni in Foro, che deve la denominazione alla vicinanza con l’antico Forum romano (oggi piazza Erbe). Le origini sono molto antiche: la prima attestazione dell’edificio compare in un documento datato 959. Secondo alcune fonti, il primitivo nucleo sarebbe stato danneggiato dal disastroso incendio che colpì la città nel 1172, di cui si conserva memoria in un’iscrizione sul fianco della chiesa.
Tuttavia rinascimentale è il portale d’accesso, riconducibile alla mano dello scultore Gerolamo Giolfino: reca le statue dei santi Giovanni Evangelista, Pietro e Giovanni Battista; l’affresco nella lunetta, del pittore Niccolò Giolfino, raffigura invece san Giovanni nell’isola di Patmos nell’atto di scrivere l’Apocalisse.
Un’anticipazione della varietà artistica che contraddistingue l’edificio: l’atrio immette, verso nord, in un vano che accoglie resti di epoca medievale, tra cui un pozzo; all’interno è visibile un pavimento a mosaico a sfondo bianco con motivi iconografici di matrice paleocristiana; il soffitto presenta decorazioni tradizionali e ornamenti in stile barocco. Sulla parete meridionale si nota un polittico che ospita un piccolo presepe: fu compiuto nel 1917 dai soldati ricoverati nella struttura, all’epoca adibita a ospedale militare. Altro singolare elemento è il Pendolo di Foucault posizionato nel 2005 alla destra dell’altare maggiore, opera dell’artista Giovanni Cavalleri.
San Benedetto al Monte
A completare l’itinerario è la rettoria di San Benedetto al Monte, situata sull’area dove un tempo sorgeva il Campidoglio romano, la cui cripta romanica è stata di recente restaurata e restituita ai visitatori. In età moderna il complesso assunse la denominazione “al Monte” per la vicinanza al Monte di Pietà istituito dal francescano Michele da Acqui nel 1490.
La chiesa fu ricostruita quasi per intero nel 1617, come ricordato nell’iscrizione posta sull’architrave della porta di accesso. Ma è scendendo la scalinata presente nella navata che si respira l’antichità del luogo. Al pellegrino si svela infatti un suggestivo ambiente sotterraneo a pianta longitudinale, divisa da una coppia di pilastri centrali in due navate di tre campate ciascuna, attorniato da murature a ciottoli. In origine, al posto dei pilastri erano presenti delle colonne che nel 1715 finirono inglobate in piloni più resistenti, così da consolidare la statica della struttura.
L’ipogeo rivela pure una minuscola porzione del Capitolium, con materiali di spoglio provenienti dallo stesso edificio. Il tempio, risalente al I sec. a.C. e posto su una vasta terrazza artificiale con entrata dal decumano massimo, era di ordine tuscanico in laterizi con elementi architettonici in pietra calcarea, circondato da un triportico sorretto da criptoportico. Nel setto di muro che unisce la parete settentrionale all’abside è visibile la stele funeraria murata del liberto Gaio Satrio Communis proveniente da una delle necropoli extraurbane. Ulteriore traccia di una Verona antica, che merita di essere conosciuta. [M. Bic.]

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