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Parte il Reddito di cittadinanza: tanti soldi investiti e tanti dubbi sollevati

Si parte ad aprile con l’erogazione dei primi redditi di cittadinanza a 1 milione e 300mila nuclei familiari. Marsico: «Di positivo c’è la somma: la più imponente di sempre contro la povertà, ma i lati oscuri non mancano»

Parole chiave: Reddito di cittadinanza (9), Luigi Di Maio (4)
Corteo di manifestanti con striscione inneggiante al Reddito di cittadinanza e bandire del Movimento 5 stelle

Grande azione contro la povertà o mossa elettorale? Entrambe le cose

Reddito di cittadinanza: pronti, via. Dopo mesi di rinvii, incertezze e polemiche, dal 6 marzo si potrà fare richiesta del sussidio, che verrà erogato a partire da aprile. Giusto in tempo per le elezioni europee del 26 maggio, osservano i maligni. Sulla misura che ambisce ad abolire la povertà (testuali furono le parole del ministro del Lavoro Luigi Di Maio) si sollevano però dubbi da più parti. Non tanto sulle finalità – chi può affermare di voler accrescere la povertà? Nessuno – quanto sulle modalità e sui criteri di erogazione.  
La misura è ingente: prevede uno stanziamento di 7 miliardi di euro, che verranno usati come “sostegno economico a integrazione dei redditi familiari”, si legge sul sito web ufficiale. “Il reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale”, recita ancora il portale. Sulla carta, quindi, il provvedimento si prefigge di contrastare la marginalità puntando sull’inclusione lavorativa. Si dovranno potenziare i centri per l’impiego, a cui spetterà l’arduo compito di offrire ai beneficiari del reddito fino a tre offerte di lavoro (da dove spunteranno non è chiaro, visti pure i recenti dati sulla recessione italiana).
Il reddito di cittadinanza sarà quindi vincolato alla partecipazione di chi lo riceve a un percorso di reinserimento lavorativo. Dei cinque milioni di cittadini in povertà assoluta, quanti realisticamente potranno affrontare un simile iter? L’equivalenza povertà-disoccupazione rischia di non funzionare per la maggioranza di questa fascia di persone fortemente svantaggiate. Ci sono povertà complesse, di cultura e di relazioni, psichiche e sociali, che non si risolvono soltanto inserendo un po’ di soldi nel portafoglio. Sono le fragilità con cui, ogni giorno, si confrontano gli operatori del sociale, che puntano l’attenzione sulle molteplici dimensioni della povertà.
Su questo tema, sabato scorso, si sono confrontati i volontari della Caritas diocesana e della Croce Rossa, durante il convegno “Aiutare i poveri, un dovere civile e morale”, organizzato nell’auditorium della parrocchia dei Santi Apostoli. «Le politiche di attivazione lavorativa e quelle di contrasto alla povertà sono due cose diverse e non andrebbero mescolate», ha esordito Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana (vedi intervista a pagina 3). Pur riconoscendo la generosità della nuova misura varata dal governo gialloverde, ci sono diversi aspetti che non convincono i volontari. Specie se si confronta il reddito di cittadinanza con l’attuale strumento di contrasto della povertà, ovvero il reddito di inclusione (Rei).
L’Italia è arrivata al Rei in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, facendolo partire soltanto nel dicembre del 2017 e con una scarsa dotazione finanziaria, intorno ai 2,5 miliardi di euro. Nel suo breve periodo di applicazione, il Rei ha avuto il merito di mettere in rete i servizi territoriali pubblici e le realtà del terzo settore: un’intermediazione proficua che non è invece prevista dal reddito di cittadinanza. «Rispetto al Rei, i Comuni non avranno più alcun potere, se non l’obbligo di verificare la residenza dei beneficiari: non prevedere un coinvolgimento strutturale dei Comuni, che sono l’ente più vicino alle persone, è un errore tecnico – sostiene la Caritas nazionale –.  Non si riconosce il ruolo dei corpi sociali intermedi ed è grave: se la persona povera non ha qualcuno accanto, con fatica uscirà dalla sua situazione di disagio, perché è la dimensione relazionale che fa la differenza tra il salvarsi o il perdersi del tutto».
Chiedono di essere ascoltate le associazioni che si occupano dei più poveri tra i poveri. «Vogliamo portare a tutti i livelli il nostro contributo di esperienza: solo la messa in rete di tutte le singole organizzazioni territoriali può dare risultati efficaci», puntualizza Paola Fioroni, consigliera nazionale della Croce Rossa italiana, che condivide con Caritas l’obiettivo di arrivare con l’aiuto umanitario a tutte le persone in stato di bisogno. «La povertà non è un’emergenza, non è improvvisa: è un fenomeno strutturale della nostra società e come tale va indagato – prosegue la referente –. Non è legata sempre e solo all’elemento reddituale: ci sono situazioni di vulnerabilità sociale più difficili da contrastare, come la solitudine, la violenza, le dipendenze, che fanno perdere alla persona la dimensione della normalità, per cui diventa difficile gestire persino gli aspetti più semplici della vita quotidiana».
Anche a Verona ci sono numerosi esempi di aiuto e di accompagnamento rieducativo nei confronti di chi attraversa periodi bui della vita. Uno di questi laboratori di umanità è dato dagli empori della solidarietà aperti dalla Rete Talenti, che intercettano circa diecimila soggetti in condizione di disagio e marginalità. Sono luoghi in cui si soddisfa non solo il bisogno primario di cibo – con la formula del market solidale – ma dove si riattivano le persone, le si incontra e le si accompagna in un riscatto personale, con la convinzione che anche il più povero abbia qualcosa da donare.
«Siamo partiti a passi felpati nel 2010 e oggi sono otto gli empori attivi; altri due apriranno quest’anno – ricostruisce mons. Giuliano Ceschi, direttore della Caritas diocesana –. L’emporio non è un supermercato, bensì una realtà dove ci si incontra e ci si accompagna insieme: si guarda l’altro come una persona tale e quale a noi. L’emporio non funzionerebbe solo con gli alimenti: occorre prendere in carico ogni situazione e creare un orizzonte culturale in questi poveri». Preziosi, in quest’ottica, sono i laboratori organizzati negli empori; dal cucito alla cucina, dall’igiene personale alla gestione del denaro: sono tante le occasioni di incontro e di relazione fra le persone. «Il povero non viene solo a chiedere, con lui si stringe un’alleanza e ritorna con la voglia di fare un po’ di volontariato, di donarci qualcosa», rileva mons. Ceschi.
In queste settimane, a ingrossare le fila di chi offre il proprio servizio negli empori, si sono aggiunti 45 volontari della Croce Rossa scaligera. «Abbiamo chiuso i nostri sportelli di aiuto alimentare e siamo confluiti negli empori solidali cittadini: in questo modo potremo essere più efficaci e professionali, perché eviteremo dispersioni e daremo un servizio migliore a chi ha bisogno», sottolinea Alessandro Ortombina, presidente del comitato veronese della Croce Rossa. Presto le divise rosse collaboreranno pure al servizio dentistico rivolto ai più indigenti.
Insomma, di esperienze sul campo ce ne sono e assai virtuose. Qualcuno, a Roma, sarà disposto a farne tesoro?
Adriana Vallisari

«Ecco, è forse la tempistica la questione che stona di più riguardo al reddito di cittadinanza: perché partire da aprile? Sarà forse pronto il modulo Inps, ma mancherà tutto il resto, in particolare tutta la parte di inserimento attivo nel mondo del lavoro. Ci voleva il tempo necessario per prepararla, è molto complessa e “pesante”. Invece ci sarà solo distribuzione di soldi. Per carità, i partiti agiscono anche per motivazioni elettorali, però così…».
Perplessità espressa dal responsabile dell’Area nazionale di Caritas Italiana, Francesco Marsico, che pure non disdegna di mettere in luce le… luci «di un provvedimento che è senza dubbio il maggior investimento di risorse finanziarie che l’Italia abbia mai fatto nella lotta contro la povertà». Quindi rigetta le accuse di chi bolla la posizione Caritas come “anti-reddito”: «Non è così, abbiamo segnalato solo alcune storture che meriterebbero di essere almeno valutate. Ma un decreto che stanzia risorse che possono intervenire su tre quarti dei poveri esistenti in Italia, è certo benvenuto».
– Avevamo già il Rei (reddito d’inclusione) introdotto dal centrosinistra…
«Una misura di contrasto alla povertà che aveva un unico, grande difetto: era irrisoria, non interessava nemmeno un quarto dei poveri che vivono in Italia. Aveva un pregio che dovrebbe trasmettersi pure al reddito di cittadinanza: ha introdotto il riconoscimento della quota servizi, stanziamenti per i servizi sociali che accompagnino l’uscita dalla povertà da parte degli individui assegnatari. E aveva individuato un modello corretto per filtrare le situazioni. È mancato il coraggio di finanziarlo adeguatamente».
– Quali sono i dubbi della Caritas su questo nuovo strumento anti-povertà?
«Della tempistica ho già detto, ma è un fattore molto importante. Lascia poi estremamente perplessi – per usare un eufemismo – la parte in cui si concede il reddito agli stranieri qui residenti: ci sono paletti così alti e un po’ confusi che mi fanno pensare che non si voglia combattere tutte le povertà, ma solo certune. Quindi ci sono aspetti che sembrano confliggere sia con le normative europee che con la Costituzione italiana: vedremo. Infine una questione culturale che emerge qui come in altri casi.
– Quale?
«Manca una governance della sussidiarietà. Regioni e Comuni, per non parlare di associazionismo e terzo settore, hanno un ruolo assolutamente marginale, pur essendo enti e realtà le più vicine al mondo della povertà. Qui c’è lo Stato che eroga all’individuo. Una situazione che riflette un modo preciso di pensare».
– Sarà un successo?
«Non lo so proprio perché una simile misura meritava un grande lavoro di preparazione che sistemasse per bene tutte le questioni: il filtraggio, l’accompagnamento dei servizi sociali, tutta la struttura di inserimento nel mondo del lavoro, da tarare con le giuste risorse e le chiare competenze, il realismo necessario per capire che proporre ad ogni destinatario tre offerte di lavoro ad esempio in Calabria, è pura fantasia».
– Anche nel Veneto, se è per quello.
«Mentre penso che non dovrebbero esserci problemi di efficacia per la pensione di cittadinanza. È una misura molto semplice. E infine mi lasci dire una cosa».
– Prego.
«Personalmente mi ha dato molto fastidio il lessico che ha accompagnato il varo di questa misura. Si è tratteggiata un mondo di poveri che vive di espedienti, intriso di furbizia, voglioso di soldi stando seduti sul divano… È chiaro come il sole che non bisogna dare soldi a chi non ne ha bisogno, ma “punire” chi è povero che un po’ ci fa schifo ma poi lo aiutiamo… Non si parla così dei poveri e della povertà».
Nicola Salvagnin

COME FUNZIONA
Per ricevere il reddito di cittadinanza è necessario rispettare alcune condizioni che riguardano l’immediata disponibilità al lavoro, l’adesione a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale.
Al rispetto di queste condizioni sono tenuti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non occupati e che non frequentano un regolare corso di studi o di formazione. Sono esclusi invece i beneficiari della pensione di cittadinanza, i beneficiari del reddito di cittadinanza pensionati o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità (fatti salvi gli obblighi legati al collocamento mirato). Possono essere esonerati anche i componenti con carichi di cura legati alla presenza di soggetti minori di tre anni di età o di componenti del nucleo familiare con disabilità grave o non autosufficienti.
Entro 30 giorni dal riconoscimento del reddito di cittadinanza, il beneficiario sarà convocato:
•    dai Centri per l’impiego per stipulare il Patto per il lavoro, se nella famiglia almeno uno tra i componenti sia in possesso di almeno uno tra questi requisiti:
    - assenza di occupazione da non più di due anni;
    - età inferiore a 26 anni;
    - essere beneficiario della Naspi o di un altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria o averne terminato la fruizione da non più di un anno;
    - aver sottoscritto negli ultimi due anni un patto di servizio in corso di validità nei Centri per l’impiego;
•    dai servizi dei Comuni competenti per il contrasto alla povertà, per stipulare il Patto per l’inclusione sociale, in tutti gli altri casi.
COME SI RICHIEDE
La domanda per il reddito di cittadinanza può essere presentata telematicamente attraverso il sito web dedicato, presso i Centri di assistenza fiscale (Caf) o, dopo il quinto giorno di ciascun mese, negli uffici postali.
Le informazioni contenute nella domanda sono comunicate all’Inps, che verifica il possesso dei requisiti. In caso di esito positivo, riconosce il beneficio che sarà erogato attraverso un’apposita Carta di pagamento elettronica emessa da Poste Italiane.
Oltre all’acquisto di beni e servizi di base, essa consente di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per i nuclei familiari composti da un singolo individuo (incrementata in base al numero di componenti il nucleo) ed effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione o dell’intermediario che ha concesso il mutuo.
È vietato l’utilizzo del beneficio per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità.
A QUANTO AMMONTA
L’importo complessivo del beneficio non può superare i 9.360 euro annui (780 euro mensili), moltiplicati per la scala di equivalenza.
Il versamento del beneficio decorre dal mese successivo alla richiesta ed è erogato per un periodo continuativo massimo di 18 mesi. Potrà essere rinnovato, previa sospensione di un mese, prima di ciascun rinnovo. La sospensione non è prevista nel caso della pensione di cittadinanza.
(fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali)

I requisiti in pillole
CITTADINANZA E RESIDENZA
- Cittadinanza italiana o di Paesi UE
- Familiare titolare di diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente
- Cittadino di Paesi terzi con permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo
REDDITO E PATRIMONIO
- Isee inferiore a 9.360 euro
- Patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione non superiore a 30.000 euro
- Patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro, accresciuto di 2.000 euro per ogni componente del nucleo successivo al primo fino a un massimo di 10.000 euro (incrementati di 1.000 euro per ogni minore e di 5.000 euro per ogni componente con disabilità)
- Reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui moltiplicato per la scala di equivalenza
BENI DUREVOLI
Non si può essere intestatari di autoveicoli immatricolati per la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, né proprietari di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o di motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati per la prima volta nei due anni precedenti la richiesta. Esclusi pure gli intestatari di navi o imbarcazioni da diporto.
(fonte: Caritas Italiana)

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