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Inquinamento e qualità dell'aria in città

Respirare a pieni polmoni? Meglio di no... Nel 2018 ci sono stati meno sforamenti dei valori di polveri sottili, ma lo smog preoccupa

Parole chiave: Aria (2), Polveri sottili (1), Verona (223), Inquinamento (8)
Persone con mascherina alla boca cge reggono unoscriscione con scritto: "Adesso basta"

Nel 2018 ci sono stati meno sforamenti dei valori di polveri sottili, ma lo smog preoccupa

Che aria tira a Verona? Per essere immersa nell’inquinatissimo catino della Pianura Padana, tutto sommato se la cava. Almeno questo è il quadro che emerge dall’analisi dei dati 2018 relativi allo smog: quello appena concluso è stato un anno con sforamenti delle emissioni più contenuti. Il che non significa avere un’aria sopraffina, bensì registrare una presenza di inquinanti tollerabile secondo le leggi attuali.
In città sono state 49 le giornate in cui il limite della quantità di polveri sottili – 50 microgrammi per metro cubo – è stato superato; nel 2017 erano state 76. «Ogni anno è variabile, molto dipende dalle condizioni climatiche: a parità di fonti di emissione, gli anni piovosi sono meno critici; le polveri sottili, come le Pm10 (ossia inferiori a 10 millesimi di millimetro), rimangono a lungo in atmosfera se non ci sono perturbazioni», spiega Francesca Predicatori, referente del Dipartimento provinciale dell’Arpav, l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale.
Le famigerate Pm10 sono forse fra gli inquinanti dell’aria più noti (ma ci sono anche le più piccole Pm2,5). «Sono una parte importante del problema e restano le più osservate perché estremamente complesse, oltre che portatrici di conseguenze negative sull’organismo – precisa l’esperta –. La maggior parte di queste polveri si forma in atmosfera, dove gli inquinanti presenti reagiscono tra loro: è un processo naturale che si chiama aerosol, a cui però l’uomo dà un contributo notevole, bruciando combustibili fossili per spostarsi con le automobili, per scaldarsi con stufe e caldaie o per produrre, emettendo polveri dai camini delle industrie».   
Il traffico, specie in città e nelle vie ad alto scorrimento, è uno dei responsabili più additati. «Dipende sempre da dove sono collocate le sorgenti di inquinamento – chiarisce Predicatori –. Mentre nel caso di un’acciaieria, che comporta senza dubbio una fonte importante di emissioni, se la ciminiera è sufficientemente elevata i fumi caldi vengono spinti in alto, col traffico veicolare accade il contrario: in questo caso si ha un’emissione diretta continua e lineare, a cui si deve aggiungere la sospensione delle polveri causata dall’attrito delle ruote con i freni».
La tecnologia, attraverso lo studio e l’introduzione di motori più efficienti, è corsa in aiuto. «Dal 2000 in poi c’è stato un grande miglioramento sul fronte delle emissioni legate al traffico – rileva la responsabile dell’Arpav –. Negli ultimi anni, invece, registriamo delle emissioni dirette di benzopirene e altri composti pericolosi in zone periurbane, a causa della combustione domestica per il riscaldamento: ne troviamo di più nelle periferie, in provincia e in zone rurali, dove sono maggiormente presenti stufe e camini».
L’Arpav rileva gli inquinanti grazie alle sue stazioni, sparse sul territorio secondo precisi standard europei. Per Verona ce n’è una cosiddetta “di fondo urbano” in via Belluno, al Giarol Grande. «Questa rileva il valore di fondo di inquinanti che la città ha: deve infatti risentire dell’insieme di emissioni, ma non esserne a contatto diretto; perciò è stata collocata qui dopo lo spostamento dal Chievo, dove era troppo isolata», continua Predicatori. I risultati? «Non sono molto diversi da quelli rilevati in corso Milano, in cui il valore di fondo si somma all’inquinamento dovuto al traffico: in città i valori sono piuttosto uniformi». Verona, inoltre, non è così diversa dagli altri grandi insediamenti veneti di pianura: solo Venezia e Belluno si discostano dalla media.
Oltre alle due centraline cittadine, l’Arpav ne ha altre a San Bonifacio e a Legnago; ce n’è poi una di fondo remoto a Bosco Chiesanuova, in località Zambelli, dove si rileva l’inquinamento da ozono nella fascia pedemontana. L’ozono è un macro-inquinante estremamente complesso e fortemente irritante che si forma in atmosfera, soprattutto d’estate, e si distribuisce su grandi zone, specie montane: va quindi tenuto d’occhio.
Infine, un dettaglio da non trascurare. L’assorbimento degli inquinanti atmosferici dipende dall’esposizione, cioè da quanto vicini si è alla sorgente inquinante e per quanto tempo si inalano le particelle dannose. «Se una persona abita in Lessinia, dove c’è sì e no uno sforamento di Pm10 all’anno, ma trascorre tutto il giorno in un ufficio a Verona Sud, ovviamente una differenza c’è; così come avere sempre il camino acceso in casa», constata la responsabile.
Quindi, che rimedi si possono mettere in campo? «Si può mitigare questa situazione impegnandosi a usare meno la macchina e di più i mezzi di trasporto pulito, oltre che investire in fonti alternative di energia, per cui occorre però una precisa volontà politica». Il blocco domenicale delle auto serve? «Una chiusura relativa del centro storico non ha mai registrato grandi effetti, se non quello di stoppare l’incremento di emissioni nei periodi più critici – conclude –: di per sé pochi giorni non sono incisivi, servono semmai come azione di sensibilizzazione, per promuovere una mobilità alternativa».  
Adriana Vallisari

Lo pneumologo Pomari: «Attenzione ai segnali»

Lo smog non è salutare per i nostri polmoni e, a onor del vero, nemmeno per l’ambiente in generale. Non a caso, il fenomeno dell’inquinamento atmosferico è sotto stretta osservazione da parte delle società scientifiche, in particolare in Europa.
A guardare la mappatura sulla qualità dell’aria disegnata dall’Aea, l’Agenzia europea dell’ambiente, il vecchio continente appare coperto da una coltre di polveri sottili, concentrate soprattutto in corrispondenza delle principali aree urbane. Qui particolato, biossido di azoto e ozono troposferico si annidano: nemici silenti che pesano per costi sul sistema sanitario nazionale e sono responsabili di danni alla salute umana. Circa 600mila soggetti, sempre in Europa, muoiono ogni anno per patologie respiratorie secondo i dati che la Società europea ha diffuso nel 2015; con il fumo di sigaretta fortemente correlato all’insorgenza di cancro al polmone. E l’inquinamento?    
«La qualità dell’aria influenza il nostro sistema. L’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di patologie respiratorie. Importanti però sono il tempo e la quantità di esposizione», ci tiene a puntualizzare il dott. Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia dell’ospedale “Sacro Cuore don Calabria” di Negrar. Per i cittadini che vivono entro 100 metri di distanza da strade particolarmente trafficate, sulle quali passano cioè 4mila auto per chilometro al giorno, cresce il rischio di essere colpiti da tumore al polmone rispetto a patologie croniche delle vie aeree come asma e broncopneumopatia cronico ostruttiva (bpco).
Altra distinzione riguarda il danno, che si differenzia tra cronico e acuto, chiarisce lo pneumologo: «Se oggi, a causa della bassa pressione e del poco vento, si incrementano i valori delle sostanze tossiche che respiriamo, ciò può provocare un danno acuto. L’asmatico non controllato, il paziente bronchitico cronico o chi ha già problemi respiratori può ammalarsi».
Diversa è la situazione per l’esposizione ripetuta e quotidiana, seppur di valori lievemente superiori alla norma: «A lungo andare, questo può far subentrare delle problematiche». Nell’uno e nell’altro caso si somma la variabile della soggettività: dalle combinazioni di varie sostanze e la risposta biologica del singolo soggetto coi fattori aggravanti di rischio, per esempio il fatto di fumare o vivere in zone con forte esposizione inquinante (provocata non solo dagli scarichi delle automobili, ma dai riscaldamenti, tanto più se usano combustibili fossili che finiscono nell’aria). Quando il particolato è molto sottile, inferiore cioè ai tre micron, arriva direttamente nel polmone e se ha con sé sostanze oncogeniche subentrano le problematiche.
Per capire meglio, chiarisce Pomari, bisogna esaminare il funzionamento del corpo umano: «L’apparato respiratorio ha un sistema di difesa, chiamato barriera meccanica. Si tratta di ciglia, sulle quali scorre un film di muco su cui tutto si incolla, tipo carta moschicida. Sono le ciglia, durante la notte, a espellere le scorie, funzionando come una sorta di nastro trasportatore. Con il tempo, polveri e sostanze irritanti, questo meccanismo si consuma e il catarro diventa a sua volta terreno di coltura».
Già quindici anni fa l’ospedale di Negrar è stato capofila di uno screening in diversi comuni (oltre a Verona, Venezia, Reggio Emilia e Modena) basato sulla spirometria, esame clinico principe per valutare la qualità del respiro. «In uno studio epidemiologico pubblicato nel 2015, è emerso che la percentuale di pazienti con bpco nel Veronese è del 9,1%: dato che rispecchia quello europeo, del 10%. L’unico valore preoccupante è che il 40% di questo campione non aveva mai fumato», prosegue. Certo che non può essere tutta colpa dello smog: le malattie respiratorie sono provocate dall’insieme di concause, stile di vita compreso.
L’argomento quindi è complesso. Il cittadino, sottolinea lo specialista, «deve preoccuparsi della ricorrenza di sintomi respiratori, cioè di frequenti bronchiti. E delle riacutizzazioni bronchiali, cioè della persistenza del catarro che aumenta di frequenza a due-tre volte l’anno, di quantità e di densità con presenza di tosse produttiva anche senza febbre. Questi sono sintomi da indagare a fondo».
La stessa tosse è un’avvisaglia precisa da non sottovalutare: se diventa persistente per più di tre settimane o cronica, protraendosi per due o quattro mesi, deve essere studiata con un approccio multispecialistico. Perciò a gennaio è stato creato presso il Centro diagnostico terapeutico ospedale “Sacro Cuore”, in via San Marco 121 a Verona, il Centro della tosse: servizio coordinato dalla Pneumologia di Negrar. «Chi ha tosse o catarro, difficoltà di respiro da sforzo, è un fumatore o ex fumatore con età superiore ai 44 anni deve prestare attenzione – conclude lo pneumologo –: in presenza di tre di questi sintomi deve sottoporsi a una spirometria».     
Marta Bicego

LO SMOG IN CIFRE
2 Sono le centraline Arpav deputate alla rilevazione degli inquinanti: una si trova in corso Milano, l’altra nell’area del Giarol.
49 Tanti sono stati, nel 2018, i giorni di sforamento dei livelli di Pm10 registrati a Verona. È il dato migliore dell’ultimo quinquennio: nel 2016, per esempio, le giornate oltre la soglia limite furono ben 83.
35 Il controllo della qualità dell’aria è disciplinato dalla norma europea che impone il limite dei 35 giorni di sforamento di Pm10.
2017 È l’anno in cui è operativo l’Accordo volontario fra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. In aggiunta al limite dei 35 giorni, dispone misure emergenziali temporanee nei casi di sforamento di livello 1 – arancio (dopo 4 giorni consecutivi di sforamento del valore limite giornaliero) e di livello 2 – rosso (dopo 10 giorni consecutivi di superamento).
Euro 3 Tra le misure adottate in riva all’Adige, dal 1° ottobre, c’è stato il blocco dei veicoli euro 3 alimentati a diesel. Divieto poi sospeso, mediante ordinanza sindacale decisa per ragioni sociali dovute al periodo natalizio con ricorrenze religiose e il calo del servizio di trasporto pubblico urbano, che durante le festività viene ridotto.
91 % Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, in tale percentuale la popolazione mondiale è mediamente esposta a livelli di inquinanti nell’aria al di sopra dei valori raccomandati. In Italia, il 98% dei bambini sotto i 5 anni vive in aree dove le concentrazioni di Pm 2,5 sforano i limiti raccomandati.
30mila Sono i decessi causati, ogni anno, nel nostro Paese a causa del particolato fine (Pm 2,5) secondo il progetto Ccm Viias (Valutazione integrata dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sull’ambiente e sulla salute realizzata nel 2015). È pari al 7% delle morti, incidenti esclusi. L’inquinamento riduce la vita di ciascun italiano di dieci mesi, che salgono a 14 per chi vive nelle regioni del Nord. Il 29% della popolazione italiana vive in luoghi nei quali la concentrazione di inquinanti è costantemente sopra la soglia di legge. 

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