Attualità
stampa

Dio in un tweet o in un post...

Annunciare la Parola nell’epoca dei social a giovani sempre più “virtuali”

Parole chiave: Internet e Vangelo (1), Giovani e social (1)
primo piano di giorni con in mano lo smartphone

Chiesa, adolescenti e nuovi media. Un trinomio di difficile convivenza, almeno all’apparenza. Da un lato la tradizione della trasmissione della fede, un annuncio evangelico che poggia con orgoglio sul passato, sulla sua storia e sulla testimonianza dei santi e dei martiri. Dall’altro un’età che si è sempre caratterizzata per vivere il momento, il qui e ora; oggi ancor di più, con le informazioni e i messaggi che viaggiano in tempo reale, la velocità e la possibilità di essere proiettati nel mondo in un istante. 

Ne parliamo con Francesca Capaccio, autrice del libro Naufraghi virtuali. Chiesa e nativi digitali: quale comunicazione?, e con don Giovanni Fasoli, sacerdote dell’Opera Famiglia di Nazareth, educatore sociale e docente universitario.

La sfida digitale per un Vangelo che tocchi i ragazzi

La Chiesa è chiamata ad “arrivare al cuore”

Chiesa, adolescenti e nuovi media. Un trinomio di difficile convivenza, almeno all’apparenza. Da un lato la tradizione della trasmissione della fede, un annuncio evangelico che poggia con orgoglio sul passato, sulla sua storia e sulla testimonianza dei santi e dei martiri. Dall’altro un’età che si è sempre caratterizzata per vivere il momento, il qui e ora; oggi ancor di più, con le informazioni e i messaggi che viaggiano in tempo reale, la velocità e la possibilità di essere proiettati nel mondo in un istante.
Eppure, tra questi mondi agli antipodi, un contatto lo si può trovare, o meglio: la sfida della Chiesa sta proprio nel trovarlo. A spiegarlo è Francesca Capaccio, nel suo libro Naufraghi virtuali. Chiesa e nativi digitali: quale comunicazione?, edito da Tau Editrice, in cui l’insegnante di religione, con una doppia laurea in Scienze della comunicazione e in Scienze religiose, ha analizzato sia i giovanissimi e il loro rapporto spesso problematico con i nuovi media – e i social network in particolare –, sia la Chiesa e le sue modalità di accostarsi agli strumenti di comunicazione.
L’autrice è stata recentemente ospite della diocesi di Verona, dove ha aperto il ciclo di incontri Chiesa e nativi digitali: quale comunicazione?, che proprio dal suo libro trae spunto, organizzato dal vicariato della Cultura e dal Centro di pastorale adolescenti e giovani. Nella sua analisi, Capaccio ha sottolineato le grandi aperture che i diversi pontefici nel corso del loro magistero hanno attuato nei confronti dei media del tempo. Su tutti Paolo VI che, nel decreto conciliare Inter mirifica, detta alcune linee guida che oggi risultano attuali più che mai.
La Chiesa, scriveva, “ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare l’annuncio di questa salvezza […]. Compete pertanto alla Chiesa il diritto innato di usare e di possedere siffatti strumenti, nella misura in cui essi siano necessari o utili alla formazione cristiana e a ogni altra azione pastorale [...]. Peraltro è compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani tali strumenti”.
Ma tutti gli ultimi pontefici si sono accostati a questo tema, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, che ha definito le reti sociali “parte di verità e di fede, nuovi spazi di evangelizzazione, ambienti da abitare”. Così pure Francesco che considera i media «meravigliose invenzioni». Tuttavia, al di là delle posizioni innovative dei pontefici, ha spiegato l’autrice, «la Chiesa è lenta ad adeguarsi al cambiamento».
All’altro estremo sono posti i giovanissimi, i cosiddetti nativi digitali; nati quando già il web si era diffuso e cresciuti con lo sviluppo dei social network; i più esposti alle insidie di un “mondo liquido” di relazioni e emozioni, «continuamente distratti da una finestra sul mondo (lo smartphone, ndr) che per loro è significativo, concreto, tutt’altro che effimero – spiega la docente –; il pericolo vero è quello di vivere costantemente nell’inter-realtà».
Un termine coniato per definire la perdita del confine tra mondo reale e mondo virtuale, che quindi esercita un impatto diretto sui processi di costruzione della realtà e dell’identità. Il tutto agevolato da una connessione costante che impedisce i momenti introspezione personale e, di conseguenza, anestetizza la vita interiore, la trascendenza. «Non esiste più un attimo in cui riflettere, ogni istante vuoto è colmato dallo smartphone. Parlando con i miei studenti, emerge come la maggior parte arrivi ad addormentarsi con il telefono in mano, eliminando anche quell’occasione di riflessione in cui tutti si imbattevano la sera prima di prendere sonno». Il rischio da cui mette in guardia Capaccio è un lento scivolamento nel nichilismo, nella negazione dei valori e dell’uomo stesso.
In questo scenario desolante, però, qualche soluzione la si può adottare. Innanzitutto la Chiesa è chiamata a «togliere il vestito analitico e ad arrivare al cuore, alle emozioni, senza mai perdere di vista l’uomo che è un unicum che si apre a Dio». L’autrice poi sottolinea, citando il teologo irlandese Michael Paul Gallagher: «La maggior parte delle persone che ha abbandonato il regolare contatto con la Chiesa non l’ha fatto per un qualche argomento intellettuale contro la fede. Si sono allontanati perché la loro immaginazione non è stata toccata e le loro speranze non sono state risvegliate dalla loro esperienza di Chiesa».
D’altro canto, il lavoro da fare con gli adolescenti partirebbe com’è logico dall’educazione. «Innanzitutto educare all’intelligenza emotiva», ossia abituarli a comprendere e gestire le emozioni proprie ed altrui; «poi educare alla bellezza, alla creatività, per alzare gli occhi e riscoprire una ricerca religiosa»; da ultimo «le regole, un limite posto da genitori ed educatori all’utilizzo degli smartphone», per porre un freno alla «tirannia dell’istante» e alla connessione continua e ininterrotta.
Andrea Accordini

«Punto primo: conoscerli bene per capire come dialogare con loro»

Gli educatori devono familiarizzare con la tecnologia: da sola però non basta

Dare ricette semplici a una questione complessa è impossibile. «Spesso, quando si parla di adolescenti e social, si tende a generalizzare: in realtà dipende molto da chi abbiamo davanti, che età ha, in quale contesto è cresciuto», osserva don Giovanni Fasoli, sacerdote dell’Opera Famiglia di Nazareth dalle numerose qualifiche (è psicologo clinico, educatore sociale e docente universitario).
Da molto tempo addentro allo studio delle tecnologie e dei loro risvolti psico-sociali, don Giovanni è specializzato nell’insegnamento di Pedagogia della realtà virtuale e Cyber-psicologia allo Iusve di Venezia. Ha scritto un libro intitolato Educatore riflessivo, tra on-line e on-life, un manuale utile soprattutto a chi ha il compito di educare le giovani generazioni nel tempo digitale.
Ovvero tutta quella fetta di adulti che spesso parla o proibisce, senza però saper bene cosa giri dentro e attorno agli schermi illuminati usati dai giovani (ignoranza digitale, così tecnicamente si chiama).
Partendo dalla realtà social degli adolescenti – che è una potenzialità, ma nasconde pure dei rischi: il cyberbullismo, per dirne uno su tutti – don Fasoli traccia quattro regole d’oro per gli educatori 2.0. «Le ho chiamate le 4 R: riconoscimento, responsabilità, riflessività e ricapacitazione», spiega.    
Il riconoscimento della risorsa comunicativa è alla base di tutto: no, quindi, ai veti messi a priori. «Col solo pregiudizio non si va da nessuna parte: bisogna cogliere la grammatica della comunicazione dei nuovi media, altrimenti cade l’alleanza educativa», sottolinea.
Poi c’è la “erre” di responsabilità. «Chiedersi “chi mi risponde dall’altra parte?” è già un primo passo verso una maggiore consapevolezza», chiarisce. A questo aspetto è collegata la riflessività, che porta a tenere in considerazione le conseguenze delle proprie azioni. «I ragazzi vanno aiutati a comprendere che ciò che pubblicano ha dei risvolti: se scrivono sui social un insulto, chi lo leggerà? Come commenterà chi poi lo condividerà a sua volta? Come si sentirà la persona presa in causa e come la guarderanno gli altri? Questa competenza, anche solo a livello di percezione, manca nei nativi digitali», chiarisce l’esperto.
L’ultimo passaggio, forse il più determinante, va sotto il nome di ricapacitazione. «Spesso noi adulti educhiamo i ragazzi dicendo “metti via quel cellulare”, cioè invitando a bypassarlo anziché usarlo in maniera costruttiva – prosegue –. Bisogna invece riconoscere la risorsa e attraversarla, aiutando i giovani a rivedere il loro modo di essere social nella direzione dei nuovi stili di vita digitali».
Ormai, constata il sacerdote-psicologo, viviamo in un’epoca post digitale.
Da tempo, ad esempio, si parla di realtà aumentata, ma è sbagliato focalizzare l’attenzione solo sulla tecnologia. «Viviamo in un mondo dove il cambiamento è continuo, perciò è importante mantenere una visione umanizzante – aggiunge –. Il problema non è tecnologico, bensì educativo. Gli educatori sono preparati? I genitori sono adulti o adolescenti a loro volta? Sono riflessioni da fare».
Estendendo il ragionamento all’ambito della catechesi, poi, Fasoli invita a usare gli strumenti social in base all’obiettivo, scegliendo la forma di comunicazione più adatta per raggiungere i destinatari.
Dunque nessuna smania di aprire profili su Instagram o Twitter senza prima essersi chiesti se quello è il modo migliore per trasmettere il proprio messaggio. «Nell’annuncio della fede abbiamo un contenuto grandioso – conclude il sacerdote –. Non serve per forza una tecnologia per entrare in contatto con i più giovani: basta sforzarsi di conoscerli meglio e considerare sempre i valori in campo».
Adriana Vallisari

Dio in un tweet o in un post...
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento