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Cyberbullismo messo all’angolo

La sfida lanciata da un istituto di Minerbe: educazione e... istruzioni per l’uso

Parole chiave: Minerbe (1), Cyberbullismo (5), Social (34), Giovani (99)
Cyberbullismo messo all’angolo

Formare e informare le giovani generazioni sull’uso delle moderne tecnologie. È un passaggio fondamentale, considerato anche l’appeal che i social network hanno sui nostri ragazzi. Specialmente nei tempi della pandemia dove – tra distanziamento sociale, contatti limitati con i coetanei, lezioni in aula a singhiozzo – la rete si è affermata, più di quanto già lo fosse, uno dei luoghi ideali d’incontro e relazione. Sempre a portata di mano e di smartphone. Tra vantaggi e svantaggi, in particolare se si considerano le insidie nelle quali si può incappare (adulti non esclusi) senza un utilizzo consapevole.
Qualche numero inquadra il panorama attuale. «Le ricerche indicano che oltre il 95% degli adolescenti in Italia è utente di internet. Il 75% di questi dichiara di avere un profilo su uno dei social network più conosciuti e usati: Facebook, in calo; WhatsApp, Instagram, Snapchat e Tiktok, in crescita esponenziale. L’utilizzo degli smartphone consente una connettività praticamente illimitata», evidenzia Elena Tavellin, referente per la prevenzione e la lotta al bullismo e al cyberbullismo dell’istituto comprensivo “Berto Barbarani” di Minerbe. Servono istruzioni per l’uso e azioni di sensibilizzazione, per questo le classi seconde delle scuole secondarie di primo grado di Minerbe e Roverchiara hanno aderito ai laboratori formativi-informativi on line “Nuove tecnologie”, organizzati e gestiti da Ca’ Dotta di Sarcedo, proposti da Regione e Ulss 7 Pedemontana.
«Internet rappresenta per gli adolescenti un contesto di esperienze e socializzazione irrinunciabile – fa notare la docente –: si usa per mantenersi in contatto con amici e conoscenti, per cercare informazioni, per studiare. Le nuove tecnologie, quindi, sono in grado di offrire grandi opportunità a chi ne fa uso, specialmente nel campo comunicativo-relazionale. Nello stesso tempo, espongono i giovani utenti a nuovi rischi, quale il loro uso distorto o improprio, per colpire intenzionalmente persone indifese e arrecare danno alla loro reputazione». La facilità con cui un telefonino permette di diffondere informazioni è sottovalutata: «I ragazzi non sono consapevoli dei pericoli connessi a uno “strumento” le cui caratteristiche fondamentali sono l’anonimato, che comporta la deresponsabilizzazione, la facilità di accesso da parte di chiunque, la rapida diffusione di notizie e immagini oltre alla permanenza nel tempo delle stesse».
La formazione è importante e i focus dei laboratori hanno trattato argomenti specifici: i meccanismi che entrano in funzione nel cervello e nel corpo quando si utilizza uno smartphone o si trascorrono ore davanti a un videogioco. Hanno approfondito termini che è opportuno conoscere: da hate speech (espressione di odio rivolta contro individui o intere fasce di popolazione, per esempio stranieri, persone di colore, omosessuali, credenti di altre religioni, diversamente abili) ad harassement (dall’inglese “molestia” ovvero messaggi scortesi, offensivi, insultanti, disturbanti, inviati ripetutamente nel tempo attraverso e-mail, sms o mms, telefonate sgradite o talvolta mute) fino alle ben note fake news, false notizie che trovano terreno fertile nella rete per diventare virali.
«I percorsi nelle classi sono stati introdotti da attività propedeutiche, suggerite dalla collaborazione con Ca’ Dotta, come la visione di alcuni filmati pensati ad hoc, attraverso cui i ragazzi hanno potuto soffermarsi sugli aspetti positivi e negativi legati all’uso delle nuove tecnologie, attraverso attività pratiche per introdurre gli studenti ai concetti di privacy e di riservatezza e, di seguito, analizzare come i social network utilizzano i nostri dati personali e con quale scopo», prosegue.
Nei primi tre mesi di frequenza scolastica in classe, i docenti hanno inoltre messo in atto il percorso multidisciplinare “Bullismo e cyberbullismo: diversità e pregiudizio” coordinato dalla docente Tavellin che ha portato all’analisi e alla realizzazione di attività laboratoriali sul Manifesto della comunicazione non ostile ed inclusiva di Parole O-stili. «Dieci princìpi di stile a cui ispirarsi per scegliere parole giuste, che sappiano superare le differenze, oltrepassare i pregiudizi e abbattere i muri dell’incomprensione, che ci liberino dalle etichette, che non ci isolino, che non ci facciano sentire sbagliati», conclude la professoressa. Passi importanti, nella direzione di una comunicazione consapevole, che devono essere affrontati dai giovani. In compagnia, però, degli adulti.

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