Condiscepoli di Agostino
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Inquadriamo il Capitolo ottavo

Prima di esporre i singoli paragrafi del capitolo ottavo dell’Amoris laetitia, è opportuno inquadrarlo a dovere. I media si sono concentrati sulla grande apertura di papa Francesco creando lo scoop della comunione ai divorziati risposati civilmente o conviventi. In realtà, questa notizia è inventata di sana pianta...

Prima di esporre i singoli paragrafi del capitolo ottavo dell’Amoris laetitia, è opportuno inquadrarlo a dovere. I media si sono concentrati sulla grande apertura di papa Francesco creando lo scoop della comunione ai divorziati risposati civilmente o conviventi. In realtà, questa notizia è inventata di sana pianta. E lo vedremo. In effetti, il Papa, pur sensibile all’evolversi dei tempi culturali e da essi incalzato, rimane fedele alla dottrina di sempre sul Matrimonio Sacramento. E lo fa dedicandovi ben sette dei capitoli, una vera mappa del matrimonio cristiano, dove fa risaltare il suo entusiasmo: il primo, il terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e nono. Nel secondo capitolo indugia sulle sfide alla cultura del matrimonio in sé e del matrimonio sacramento in specie. E lo ha fatto senza reticenze, gender compreso.
Poi, con il senso del realismo che lo caratterizza, papa Francesco, accogliendo le indicazioni dei Padri sinodali, sente il dovere di fissare l’attenzione sui casi di “irregolarità”, cioè delle criticità delle famiglie ferite da quel divorzio, che il Papa non esita a definire un grande male agli occhi di Dio, e risposate civilmente, dopo aver celebrato validamente il Sacramento del Matrimonio. A queste persone il Papa assicura che sono membra della Chiesa, in forza del Battesimo, e non degli scomunicati.
E poiché ogni battezzato ha diritto a tutti gli aiuti possibili da parte della Chiesa di cui è membro, papa Francesco si domanda di quali aiuti abbia bisogno, per offrirli nei limiti del possibile, cioè nel quadro delle loro oggettive predisposizioni d’animo. Lo fa da pastore che va in cerca della pecora smarrita e da buon samaritano che si fa carico del povero malcapitato. E lo fa perché ha viscere materne di Misericordia verso tutti coloro che in un modo o nell’altro sono stati cioè sconfitti dalla vita. Di essi dichiara di volersi prendere cura, coinvolgendo però l’intera Chiesa, nella vicinanza, nell’accoglienza, nel discernimento e nell’integrazione possibile. In tal modo, la Chiesa si dimostra madre, segno sacramentale di Dio, il quale considera figlio, e non un reprobo, anche chi si è da lui allontanato, di più, lo attrae con i vincoli della nostalgia e grazie speciali. Quando la Chiesa agisce così, contribuisce a far fare loro piccoli passi che raccorciano le distanze da Dio, e li aiuta a fare il bene possibile. Quale bene possibile? Ad esempio sul fronte dell’ascolto della Parola per farla diventare parametro di vita, della preghiera e della carità, come pure della educazione dei figli, dell’impegno professionale, della solidarietà, dell’ecologia. Prendersene cura è dunque parola d’ordine.
Precisiamo ora la questione della comunione ai divorziati risposati. Vi è un accenno nelle note 336 e 351, come ipotesi di possibilità per chi soggettivamente si trovasse in grazia di Dio, o per impegno serio di vivere da fratello e sorella, o per chi, nonostante si trovi in condizione oggettiva di peccato, di fatto fosse come avvinto da condizioni interiori create da circostanze fortemente attenuanti, o da mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso, in conformità alla dottrina della Chiesa, enucleata da San Tommaso e ripresa anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Non c’è dubbio che ciò esiga un accurato discernimento. Per cui il Papa mette in guardia i presbiteri da facili distribuzioni di “permessi”, che non sono loro consentiti. Compete al presbitero illuminare la coscienza del fedele, che rimane l’ultima istanza delle decisioni morali. Deve illuminare la coscienza sul fatto che una condizione di oggettivo peccato grave, e di soggettiva colpa, contraddice il senso della comunione eucaristica. Ciò vale, ovviamente per ogni situazione: quanti, ad esempio, tra i mafiosi indisponibili alla conversione, tra i bestemmiatori incalliti, tra gli adulteri senza pentimento, tra i politici, e non solo, disonesti e corrotti... se avessero la coscienza illuminata, sentirebbero il dovere di astenersene in quanto riconoscono il loro agire in contraddizione con il valore dell’Eucaristia? Di conseguenza, non si tratta di un divieto estrinseco da parte della Chiesa, quanto della consequenzialità del buon senso della fede quale emerge da un serio discernimento.
Da notare infine che il Papa non dimentica i numerosi casi di nullità, nemmeno i conviventi, nei confronti dei quali sollecita una preparazione al matrimonio, e nemmeno i separati divorziati fedeli nei confronti dei quali ha parole di stima e di incoraggiamento.
L’ottavo capitolo dell’Amoris laetitia non è dunque un azzardo, ma un intervento magisteriale estremamente elaborato e sorvegliato, sui cui criteri esercitarci nel discernimento ecclesiale delle criticità.

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