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Finanza criticata? Valide ragioni per farlo e per cambiarla Ha perso una visione del bene comune

Verona Fedele riportando il contributo dell’avvocato Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare, sulla Laudato si’, mi induce da uomo della strada ad esprimere qualche considerazione, scaturita da una coinvolgente lettura dell’enciclica.

Parole chiave: Padovani (2), Laudato si' (24)

Verona Fedele riportando il contributo dell’avvocato Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare, sulla Laudato si’, mi induce da uomo della strada ad esprimere qualche considerazione, scaturita da una coinvolgente lettura dell’enciclica.
Certamente ha ragione l’avv. Fratta Pasini a parlare di “difficoltà e di disagio di noi cittadini dell’Occidente evoluto ad ascoltare questo linguaggio”, dando per scontate le “repliche frettolose e recise, anche da parte dei credenti; il silenzio mediatico calato quasi immediatamente e universalmente sulla voce del Papa, quasi un sommesso compatimento per quello che si considera un brano di terzomondismo fuori moda”.
Ve ne è abbastanza per rendersi conto che l’enciclica abbia avuto l’effetto di un sasso buttato nello stagno, ponendo interrogativi e la necessità di una “revisione concettuale” fino ad oggi rimossa, perché farlo significherebbe mettere in discussione tante di quelle strutture che rappresentano l’impianto dell’economia avanzata. Non soltanto occidentale, ma dell’intero universo del liberismo puro e della finanza che dal centro Europa coinvolge, unificandoli, l’Est, l’Ovest e il Sud Est asiatico.
Non è quindi soltanto un peccato d’origine di una “economia matura”, perché bene (assai bene) hanno imparato il mestiere i neofiti: basti pensare a quella cinese, che per quanto incardinata in uno Stato “ancora marxista”, esprime il massimo di una economia liberista, ove tutto è permesso.
Penso che una tale difficoltà di accoglimento l’abbia avuta la Rerum Novarum nel 1891, da parte del mondo occidentale. Come considerare, come accogliere la Laudato si’?
Fratta Pasini individua tre posizioni di campo: culturali, socio-religiose, di difesa di pratici interessi. Parla perciò di “una lettera dall’America Latina pervenuta a tempo scaduto”, di uno stravagante sostegno a movimenti estranei alla posizione storica della Chiesa ufficiale, e infine di parola profetica e quindi rivoluzionaria. Qui sta il punto della questione.
Papa Francesco non si sottrae al confronto, inteso a chiarire e ad offrire ulteriori semi di riflessione.
L’ha fatto nell’intervista concessa nei giorni scorsi a  L’Osservatore Romano. C’è anche chi non è sbrigativo e si accosta all’enciclica con intelligente attenzione. L’ha fatto Roberto Toscano (La Stampa dell’11 luglio), in “Ma non dite che è un Papa comunista!”.
Il Cristianesimo è stato rivoluzionario, sconvolgente nella strutturata società del’Impero romano. Se non fosse stato tale, non saremmo qui oggi a “individuarci come cristiani”, seppur pavidi, privi di slancio, privi di quella forza che dette una svolta al mondo. È quanto ci invita a considerare la forza profetica dell’enciclica, resa ancor più attuale dagli eventi di questi ultimi giorni, che fanno toccar con mano che alle porte delle società avanzate bussano in tanti.
L’enciclica trascende l’area del popolo cristiano. Le parole del Papa diventano “cattoliche”, coinvolgendo tutti, ma proprio tutti nelle loro responsabilità, nei confronti di una “umanità ultima”, di una “terra” che è casa comune.
È proprio questa impostazione che fa giungere l’enciclica ai cuori di un mondo laico, attento a problematiche sociali e al rispetto del patrimonio comune.
In questo approfondimento, in questo dialogo il mondo cristiano acquisterà la sua anima se sarà capace di contrapporsi ai vari, possibili distinguo, sordi alla profezia. Posizioni di difesa, specie là dove l’enciclica tocca i mali causati dalla perdita di una visione del bene comune.
È su questo punto che mi permetto di considerare come l’esegesi dell’avvocato Fratta Pasini mi appaia reticente. Il Papa ha usato parole forti a riguardo della finanza. Il presidente del Banco Popolare non ha difficoltà ad ammettere che il Papa ha ragione nel denunciare questi mali, che vanno a scapito dell’economia reale. Tiene a dire però che la finanza non è soltanto la “deriva deleteria”, cui in tempi anche recenti s’è assistito, essendo essa pure “custodia del risparmio e leva creditizia, strumenti utili per il benessere dell’economia”. Però nulla ha da dirsi l’universo creditizio a tal riguardo?
“Difesa del risparmio”? Nulla dicono i rischi, i cattivi prodotti posti sulle spalle di impreparati risparmiatori, tramite suadenti consiglieri, tenuti ad applicare istruzioni calate dall’alto? Leva creditizia, rivolta a conservare e migliorare l’economia reale? Nulla ha da dire il sistema creditizio nazionale a tal riguardo?
Quando si discetta, con “distacco scientifico”, di “bolle finanziarie” (si pensi al 2008 ) pare di ascoltare il pifferaio di Hamelin, che ha allietato la nostra fanciullezza, figurandoci dietro a lui tanti colletti bianchi, con le conseguenze che stanno ancora sotto i nostri occhi. È immane il carico delle sofferenze, delle posizioni a rischio che hanno congelato l’economia reale, con un disgelo che appare ancora lontano.
Duecento miliardi di euro, o giù di lì, di sole sofferenze. Una cifra enorme, che ha sua genesi in ubriacature importate, che hanno deriso il localismo storico, vero nutrimento dell’economia reale. Localismo che altrove è ancora conservato, la cui bandiera da noi è affidata alle minuscole casse rurali.
Ma colpe gravano anche sul legislatore (la “despecializzazione del credito”. A chi faceva comodo?) e sulla stessa Vigilanza (si pensi alla traumatica liberalizzazione della rete che ha condotto ad una illogica ramificazione, pesata sui bilanci).
Anche in questa direzione vanno le indicazioni dell’enciclica.
Sarà ascoltata? V’è motivo per dubitarne. Comunque resta lì a ricordarci profeticamente quanto l’uomo dovrebbe tener presente. E scuse non ve ne saranno più. E forse nelle nostre chiese si sentirà parlare di un comandamento totalmente trascurato, il settimo: “Non rubare”.
Ecco quanto ho ritenuto parteciparvi, confidando che della Laudato si’ si continui a parlare, diventando “parola” di confronto.

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