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Le strade verso una convivenza pacifica

Zygmunt Bauman
Stranieri alle porte
Laterza
Bari 2016
pp. 106 – euro 14

Parole chiave: Stranieri alle porte (1)
Le strade verso una convivenza pacifica

Sosteneva Kant che “la superfice della terra è sferica, e gli esseri umani non possono disperdersi isolandosi all’infinito, ma devono rassegnarsi ad incontrarsi e coesistere”. Le parole del filosofo di Koenigsberg sintetizzano bene l’ultimo lavoro di Zygmunt Bauman, Stranieri alle porte, edito per i tipi della Laterza nel settembre di quest’anno. In poco più di cento pagine, il sociologo polacco affronta uno dei temi di più scottante attualità: quello di quanti cercano di fuggire da una vita la cui unica prospettiva è la morte. Non importa se questa morte è originata da regimi dispotici, da guerre civili o da Boko Haram; importa solo che ciò avviene su questa terra. Quali che siano gli ostacoli, la conoscenza reciproca e la fusione dei confini rimangono l’unica via per giungere ad una convivenza utile a tutti. Per Bauman non esistono altre alternative praticabili ad un fenomeno che, da sempre, fa sì che alle porte delle Nazioni agiate bussino i “messaggeri di cattive notizie”, come Bertolt Brecht definiva i profughi. Per chi vive dietro le porte del benessere i profughi sono sempre stati stranieri. Nell’impero romano gli stranieri di condizione libera avevano però piena libertà di movimento, a tale punto che Giovenale, in una sua famosa satira, lamentava “iam pridem Syrus in Tiberim defluxit Orontes”, cioè “è da un pezzo che il fiume Oronte di Siria è venuto a sfociare nel Tevere”. Le parole del poeta latino non rappresentano una forma di razzismo ma, piuttosto, un fastidio per una vicinanza avvertita non come minacciosa, bensì molesta. Nel caso dei richiedenti protezione internazionale, invece, c’è la percezione di una invasione di stranieri non causata da noi e neppure sotto il nostro controllo. “Nessuno ci ha consultato per sapere se eravamo d’accordo”, scrive Bauman, per il quale “la categoria residuale degli altri è un fenomeno di dimensione mondiale, e non certo limitato all’Europa”.
Questi “altri” ci ricordano quanto sia vulnerabile e fragile il nostro benessere. Per il sociologo polacco dovremmo riflettere sulle parole di papa Francesco: «Cancelliamo ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, e chiediamoci: chi ha pianto? Chi ha pianto oggi nel mondo?».
Queste domande sono da girare a quei politici e a quegli amministratori locali la cui risposta nei confronti dei migranti è quella di proporre nuovi muri, dopo quelli di Tijuana tra Stati Uniti e Messico, quello spagnolo di lame e filo spinato di Ceuta e Melilla, e quello di 176 chilometri tra Ungheria e Serbia. Il libro di Bauman, invece, dovremmo leggerlo tutti.

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