Il Fatto di Bruno Fasani
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Quando un condominio diventa bolgia d’inferno

Perfino il Papa, abituato a comunicare con toni felpati, ha cambiato il tono della voce. È accaduto durante il Regina Coeli di domenica, quando ha parlato dei bambini abusati. Chi si macchia di questi reati “deve essere punito” ha sottolineato, cambiando timbro. E quanta indignazione ci fosse nel suo animo non è stato difficile capirlo.

Parole chiave: Parco Verde (1), Caivano (1), Fortuna (1), Bruno Fasani (324), Il fatto (416)

Perfino il Papa, abituato a comunicare con toni felpati, ha cambiato il tono della voce. È accaduto durante il Regina Coeli di domenica, quando ha parlato dei bambini abusati. Chi si macchia di questi reati “deve essere punito” ha sottolineato, cambiando timbro. E quanta indignazione ci fosse nel suo animo non è stato difficile capirlo.
La stessa che prende la gente comune in questi giorni, dopo aver saputo della piccola di sei anni, ripetutamente abusata sessualmente e poi buttata in strada dall’ottavo piano perché si era ribellata e c’era il rischio che cominciasse a parlare. Fortuna, questo il nome della bimba, che abitava a Parco Verde di Caivano, periferia Nord di Napoli. Gli antichi dicevano che nomen omen, ossia che nel nome è racchiuso il nostro destino. Non sappiamo se a far cilecca questa volta sia stato il detto popolare o se davvero sia stata una fortuna, per questa povera creatura, uscire da una realtà che forse neppure Dante avrebbe potuto immaginare più abietta per un girone infernale.
Da quel palazzo tre anni fa un altro bambino, di soli quattro anni, era volato dal settimo piano. Ora in carcere c’è il presunto assassino della piccola Fortuna, già accusato di aver ripetutamente abusato delle figlie della convivente, di dieci, sei e tre anni. Anche la madre delle piccole è agli arresti. Sapeva ma faceva finta di niente. Ed è proprio l’omertà che rende ancora più grave l’orrore per quanto accaduto. Per far scoppiare la bomba c’è voluto il coraggio di una bambina che ha visto tutto, che sapeva tutto, come sapevano anche i grandi, preferendo però tacere. Dopo aver svuotato il sacco, alla psicologa ha detto: «Finalmente ho detto tutta la verità. Sono felice ora. Tranquilla e felice». La tranquillità di una coscienza che ritrovava il profumo dell’innocenza, quell’innocenza che i grandi le avevano insegnato a umiliare nei gorghi del loro letame morale. C’è una nonna che dice alla nipotina di non dire nulla sul “fatto”, cioè di aver visto quando Fortuna veniva buttata dall’ottavo piano, perché se sta zitta «stiamo in grazia di Dio e siamo tutti a posto». A un’altra nipote che sta per essere ascoltata dai magistrati raccomanda testualmente: «A tutte le domande devi dire: “Io non so niente…”. Così devi rispondere. Me lo fai questo favore?». Ma la bambina sa il “segreto” e allora la nonna si arrabbia: «Quelli ti mandano sempre a chiamare, non te li levi mai di dosso ‘sti scemi!». C’è poi la dirimpettaia del presunto assassino, che dice di essere sempre rimasta con la sedia sulla rampa delle scale e da lì non è passata né Fortuna né altri con lei. Ma mente spudoratamente e la sua menzogna è provata. C’è il signore che ha raccolto il corpo della bimba, anche lui accusato di abusare di sua figlia, bambina. Sento nell’animo muoversi emozioni come carta vetrata. Devo contenere la ribellione. Ma per strada la gente va giù di brutto, senza tanti giri di parole: per questi ci vuole solo la pena di morte.

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