Il Fatto di Bruno Fasani
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Le leggi valgono per tutti così come il loro rispetto

Come da copione, anche stavolta è bastato che la Cassazione si pronunciasse su un tema delicato, perché la politica si spaccasse in due, tre, quattro... Tanti filoni quanti sono gli interessi di bottega. Il riferimento è a quella sentenza che ha respinto l’istanza di un indiano di religione sikh, multato perché circolava con un coltello di 18 centimetri, il kirpan, come prescrive la sua religione.

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Come da copione, anche stavolta è bastato che la Cassazione si pronunciasse su un tema delicato, perché la politica si spaccasse in due, tre, quattro... Tanti filoni quanti sono gli interessi di bottega. Il riferimento è a quella sentenza che ha respinto l’istanza di un indiano di religione sikh, multato perché circolava con un coltello di 18 centimetri, il kirpan, come prescrive la sua religione.
Dico subito, perché a qualcuno non venga la tentazione di diventare intollerante, che i sikh, riconoscibili per il turbante che copre i capelli che non vengono mai tagliati, sono persone di grande laboriosità e amore per la natura e gli animali. Lo sanno bene gli allevatori padani, che affidano loro le stalle, sapendoli inarrivabili in questo compito. Oltretutto non mi è mai accaduto di vederne in Italia con il coltello al fianco, segno che anche tra loro solo a qualcuno prende l’istinto fondamentalista di addobbarsi degli orpelli prescritti.
Comunque sia, la Cassazione è stata lapidaria nel respingere il ricorso: “È intollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel Paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante”. E aggiunge: “La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali in conflitto tra loro, a seconda delle etnie di appartenenza”.
Parole chiare che si commentano da sé. Se proprio volessimo fare le pulci, l’unico addebito è al fatto d’essere ricorsi alla parola “valori”. Se c’è una parola caduta in disgrazia, è proprio questa. Ormai nel piatto in cui intingiamo il boccone del vivere, di valori ce n’è per tutti i gusti, ed è il venir meno di uno scenario etico condiviso che determina tanto scollamento nel Paese e nell’Europa in generale.
E allora meglio sarebbe stato parlare di rispetto della Costituzione, della legge sulla sicurezza e sul dovere di rispettare la salute altrui e i diritti degli altri. Penso ad esempio alla richiesta di riconoscere la poligamia fatta dai musulmani, o al diritto a velare completamente il volto delle donne, o ancora peggio al fenomeno tristissimo della infibulazione delle bambine, ai matrimoni combinati tra una minorenne, spesso bambina, e qualche fauno attempato, cui si vende la figlia. Penso ancora alla tristissima e radicata abitudine di mandare i bambini a chiedere l’elemosina, anziché garantire loro l’istruzione, come va di moda in larghe frange dell’etnia Rom. A questa elencazione di problemi non si replica affermando che qui da noi ci sono valori diversi rispetto a queste usanze di vita.
Va detto fuori dai denti che sono reati che la legge italiana punisce in quanto tali. Prendere o lasciare. Fare sconti interpretativi non è integrazione, ma una pericolosissima deriva per tutto il Paese. Permettere che siano calpestati i diritti di alcune persone è permettere che i diritti umani perdano progressivamente la loro valenza culturale, pedagogica ed anche il loro potere obbligante richiesto a tutti.
In definitiva il problema è: integrazione o multiculturalismo? Quest’ultimo prevede che ognuno sia libero di fare ciò che gli aggrada secondo la propria cultura di provenienza. L’integrazione prevede invece che, pur nel rispetto delle diversità, il rispetto delle leggi e dei doveri richiesti ai cittadini italiani sia esigito con la stessa severità anche a chi chiede di venire ad abitare a casa nostra.

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