Il Fatto di Bruno Fasani
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Cambio al vertice negli Usa luci ed ombre sulla scena

Il guascone Trump ha occupato la scena. Preceduto da botti clamorosi: quelli sulla Nato, definita superata e inutile. Quelli sulla Merkel, sulle restrizioni per i turisti europei negli Usa, quindi l’auspicio che altri Stati imitino la Gran Bretagna con la Brexit, la beatificazione della Russia e di Putin e la contemporanea demonizzazione della Cina… Chapeau, direbbero i francesi...

Parole chiave: Il Fatto (415), Bruno Fasani (323), Usa (5), Trump (11)

Il guascone Trump ha occupato la scena. Preceduto da botti clamorosi: quelli sulla Nato, definita superata e inutile. Quelli sulla Merkel, sulle restrizioni per i turisti europei negli Usa, quindi l’auspicio che altri Stati imitino la Gran Bretagna con la Brexit, la beatificazione della Russia e di Putin e la contemporanea demonizzazione della Cina… Chapeau, direbbero i francesi. Se questo è il buongiorno… In realtà sappiamo che si tratta di provocazioni, giusto per risvegliare un po’ di nazionalismo, in linea con lo slogan di America first, ossia gli Usa per primi e al primo posto, da lui sfruttato in campagna elettorale. Cosa farà effettivamente d’ora in avanti è difficile dirlo, anche perché per governare avrà bisogno del Congresso, dove ha sì la maggioranza, ma dove non tutti la pensano come lui. Anzi. Staremo a vedere, anche se personalmente la vedo in salita per lui.
Per un presidente che entra, uno che esce. Credo che Obama un giorno sarà ricordato nei libri di storia. E non solo perché è stato il primo presidente di colore degli Stati Uniti. Ma perché questo accada, occorre che i tempi indossino i panni lunghissimi della storia stessa. Per ora è la cronaca a vestire i primi bilanci, fatti di vistose luci, ma anche di tante ombre. Tra le prime, forse, andrebbe accreditata una qualità che non va molto di moda di questi tempi tra i politici. Parlo della signorilità con cui questo uomo ha gestito il potere e le relazioni personali. A cominciare dai rapporti con la moglie Michelle. C’è un dato politico che appartiene alle qualità umane delle persone, senza il quale tutto si riduce a economia, leggi e strategie diplomatiche. Obama, piacciano o meno le sue convinzioni politiche, è stato un signore.
Sul piano più strettamente operativo, a lui vanno ascritti i meriti della distensione con Cuba, la cattura di Osama Bin Laden, il ripristino delle relazioni con l’Iran, la firma del Trattato di Parigi sul clima, l’allargamento dei diritti all’assistenza sanitaria gratuita e un incremento dell’occupazione, benché non dei salari. Non sempre gli obiettivi hanno trovato compimento, ma certamente Obama ha seminato una sensibilità nuova che gli va computata come merito. A suo sfavore, è soprattutto in politica estera che ha fatto cilecca. A cominciare dal deterioramento dei rapporti con la Russia, l’ondivago rapporto con il Medio Oriente e il non aver saputo gestire le primavere arabe, partite e lasciate abortire sul nascere. Un caso a parte è costituito dalla Siria. Più volte ha alzato la voce contro Assad, ma senza che a questo sia mai corrisposto un atteggiamento di reale fermezza, come avrebbe richiesto il ruolo degli Stati Uniti. Certamente un sintomo di debolezza, o magari e semplicemente, il rovescio della medaglia di un’umanità che fa fatica a indossare il pelo sullo stomaco. Sarà la storia a dircelo nel tempo.

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