Condiscepoli di Agostino
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Il terremoto della santità

Già le Beatitudini sono un tracciato sicuro per una autentica santità di vita. L’esortazione Gaudete et exsultate di papa Francesco segnala anche l’intensità di una santità considerata come unione personale a Cristo. In altre parole: chi è più santo? È colui che più è unito a Cristo; che lascia più spazio a Cristo; che lo ama in “coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi” (Ge 96).

Parole chiave: Santità (1), Gaudete et exsultate (17), mons. Giuseppe Zenti (310), Vescovo di Verona (245)

Già le Beatitudini sono un tracciato sicuro per una autentica santità di vita. L’esortazione Gaudete et exsultate di papa Francesco segnala anche l’intensità di una santità considerata come unione personale a Cristo. In altre parole: chi è più santo? È colui che più è unito a Cristo; che lascia più spazio a Cristo; che lo ama in “coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi” (Ge 96). Il parametro è dato dal capitolo venticinque di Matteo (Mt 25,31-46) sul giudizio universale: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me … tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me!». E come sua abitudine, papa Francesco scende al concreto: “Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici e forse anche una immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure, posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal Padre, un’immagine di Dio, un fratello redento da Cristo” (Ge 98).
Purtroppo ci si mettono di traverso atteggiamenti gravati da ideologismo. Due in particolare, osserva il Papa. Ci sono ad esempio cristiani che separano la loro spiritualità dalle esigenze della carità, privando in tal modo il cristianesimo nel suo essere servizio alle povertà della loro anima, che è appunto l’unione a Cristo. Non siamo più di fronte al cristianesimo, ma ad una organizzazione umanitaria, una Ong (cfr Ge 100). Dall’altra parte vi sono cristiani che non vogliono contaminare la purezza della loro spiritualità con un impegno sociale a servizio dei poveri. Magari difendono, giustamente, con tutte le loro forze, la vita nascente, che va tutelata assolutamente nella sua sacralità (cfr Ge 101). Il Papa però aggiunge: “Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù e in ogni forma di scarto” (Ge 101).
Con grande coraggio il Papa affronta anche il tema dei migranti (cfr Ge 102). Il Papa ricorda che al cristiano “si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli” (Ge 102). Si appella a testi biblici famosi, quello dell’Esodo ad esempio, nel quale si afferma: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto” (Ge 103). Del resto, questo è il culto più gradito a Dio: “Il nostro culto è gradito a Dio quando vi portiamo i propositi di vivere con generosità e quando lasciamo che il dono di Dio che in esso riceviamo si manifesti nella dedizione ai fratelli” (Ge 104). L’autenticità della nostra preghiera è data appunto dalla generosità nell’essere misericordiosi verso i poveri, ricordando che “la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio. Essa è la chiave del cielo” (Ge 105).

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