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Quando i minori sono vittime della cultura dello scarto

“La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi”. Così papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 123) presenta quella che è pure solito definire come “la cultura dello scarto”, tema che, come altri, sta passando non ingenuamente sotto silenzio...

Parole chiave: Editoriale (380), Laudato si' (24), Enciclica (9)

“La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi”. Così papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 123) presenta quella che è pure solito definire come “la cultura dello scarto”, tema che, come altri, sta passando non ingenuamente sotto silenzio. Le conferme di questa logica perversa che assume dimensioni planetarie arrivano quotidianamente. Tra le notizie raccapriccianti che hanno avuto per protagonisti – meglio, vittime – dei bambini, ne segnalo tre. In Sud Sudan, ha riferito il direttore esecutivo dell’Unicef, 129 minori sono stati uccisi nel solo mese di maggio nello Stato di Unity dove è in corso un conflitto tra le forze governative e i ribelli, con massacri, stupri, carneficine e almeno 13mila bambini armati per combattere da ambo le parti. Con conseguenze indescrivibili sulla psiche e il fisico di queste persone in fase di crescita e di maturazione, alle quali andrebbe garantito il diritto di giocare e di studiare e non il dovere di combattere, imposto dalla malvagità degli adulti.
Non meglio se la passano i loro coetanei nepalesi colpiti dal violentissimo terremoto. Molti di loro vivono da soli nei campi profughi oppure, rimasti orfani di uno o di entrambi i genitori, sono esposti alla mercé dei trafficanti di esseri umani, con il rischio – come ha denunciato un rappresentante dell’Unicef – di diventare vittime di abusi e forme di sfruttamento aberranti, fino a poter essere utilizzati nel traffico di organi umani. Ad oggi mancano all’appello 237 bambini nepalesi.
Ma anche alle nostre latitudini non tutto procede per il meglio, se è vero che ben duemila ragazze nate in Italia sono state costrette a matrimoni forzati nei loro Paesi di origine. Una pratica questa che interessa ogni anno 60 milioni di ragazzine che perdono il proprio diritto a vivere l’adolescenza, a studiare, per poi decidere della propria vita e con chi costruire una famiglia. Per non parlare di quelle che perdono la vita per gravidanze precoci.
Segnali inquietanti di tante forme di sfruttamento minorile che ancora imperversano e degradano gli adulti che ne sono causa ad una dimensione neppure ferina, ma ancora più infima. Senza contare che ogni bambino, oltre alla propria intangibile dignità di persona, è un soggetto debole e per questo domanda di essere ancor più rispettato e protetto nei suoi diritti fondamentali.
Fortunatamente non mancano segnali in controtendenza, che alimentano la speranza. Tra i più significativi segnalo il Grest avviato nella parrocchia di San Francesco d’Assisi ad Aleppo, in Siria, dove 120 bambini vocianti ed una decina di mamme sfidano con la loro allegria il rumore dei combattimenti in atto a poche centinaia di metri dal loro quartiere. Un fiore nel deserto da ammirare e far crescere.

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