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L’Expo e il cibo che manca, pure quello immateriale

Accompagnato da più di qualche scetticismo e poco entusiasmo ha preso il via a Milano Expo 2015, l’esposizione universale con cadenza quinquennale che fino al 31 ottobre porrà il capoluogo lombardo, considerato da sempre la capitale economica d’Italia, al centro dell’attenzione mondiale. Infatti quello in corso su un’area di oltre un milione di metri quadrati nella zona nord-ovest della metropoli meneghina, è il più grande evento che sia mai stato realizzato sul cibo e la nutrizione...

Accompagnato da più di qualche scetticismo e poco entusiasmo ha preso il via a Milano Expo 2015, l’esposizione universale con cadenza quinquennale che fino al 31 ottobre porrà il capoluogo lombardo, considerato da sempre la capitale economica d’Italia, al centro dell’attenzione mondiale. Infatti quello in corso su un’area di oltre un milione di metri quadrati nella zona nord-ovest della metropoli meneghina, è il più grande evento che sia mai stato realizzato sul cibo e la nutrizione, come spiega il tema che fa da filo conduttore dell’intera manifestazione: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ma sarebbe un errore soffermarsi – e il rischio peraltro è notevole – soltanto sull’impatto economico di questo lungo evento che coinvolge oltre 140 Paesi, vista la portata esistenziale, antropologica e simbolica che riveste il cibo nella vita delle persone. Del resto Gesù stesso nella preghiera del Padre Nostro pone sulle nostre labbra al primo posto la richiesta del “pane quotidiano”, quello stesso che egli moltiplicò per la moltitudine di persone che lo avevano seguito a piedi dalle città. Segno che il nutrimento è essenziale per la vita. E la diversità dei cibi utilizzati alle varie latitudini dice ancora le peculiarità dei popoli, delle tradizioni e dei differenti regimi alimentari, nonostante il tentativo in atto da decenni e in parte riuscito di globalizzare alimentazione e gusti. Purtroppo non tutti dispongono ogni giorno di una quantità di cibo sufficiente per alimentarsi, visto che un recente rapporto delle Nazioni Unite quantificava in 800 milioni le persone sottonutrite, il 12,5% (un abitante su otto) dell’intera popolazione mondiale. Ma tutto ciò suona ancor più scandaloso pensando che al tempo stesso c’è un mondo opulento, che vive nell’eccesso. Emblematico al riguardo lo spreco di cibo, quantificato dalla Fao in 1,3 miliardi di tonnellate, ovvero un terzo di quanto destinato all’alimentazione umana. Così pure solo il 43% dei prodotti agricoli è effettivamente consumato. Il resto viene sprecato nel percorso spesso lunghissimo tra il campo e la tavola.
La speranza dunque è che l’Expo non si limiti ad essere una vetrina, ma crei percorsi di educazione, offra spazi di approfondimento, presenti le buone pratiche in atto, individui prospettive concrete anche su temi molto delicati e sensibili. E al tempo stesso non nasconda sotto il tappeto le tante ingiustizie e forme di sfruttamento umano e ambientale, l’attività delle organizzazioni criminali, le contraffazioni alimentari, insomma tutto quel “pane nero” dell’illegalità che imperversa e impoverisce i più deboli.
Senza dimenticare che l’uomo non vive di solo pane, quindi non è riducibile alle sole esigenze fisiche e materiali, ma necessita di un nutrimento “integrale”, di relazioni buone, di comunione con Dio e con gli altri. E se il 1° novembre qualche scettico di oggi si sarà riscoperto non dico entusiasta, ma almeno più consapevole nelle proprie scelte di ogni giorno, sarà già il segno che l’Expo avrà avuto successo.

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