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Badanti, specchio di una società

Sfogliando un vocabolario di 20 anni fa la parola badante neppure compare. Essa è divenuta di moda agli inizi del nuovo millennio quando si è avuto un boom delle assistenti domestiche degli anziani italiani non pienamente autosufficienti e quindi bisognosi di un aiuto che altri famigliari non erano in grado di fornire.

Parole chiave: Badandi (1), Editoriale (377), Alberto Margoni (64)

Sfogliando un vocabolario di 20 anni fa la parola badante neppure compare. Essa è divenuta di moda agli inizi del nuovo millennio quando si è avuto un boom delle assistenti domestiche degli anziani italiani non pienamente autosufficienti e quindi bisognosi di un aiuto che altri famigliari non erano in grado di fornire. L’identikit è noto: donna dell’Est Europa, tra i 45 e i 60 anni, venuta nel nostro Paese per far studiare i figli con quanto guadagnato. Si stima che in Italia siano circa 840mila, tra uomini e donne, coloro che esercitano la professione di assistente famigliare. Di questi solo il 45% ha un regolare contratto di lavoro, il 35% non è contrattualizzato pur essendo in regola col permesso di soggiorno e il restante 20% è irregolare. Sei badanti su dieci vivono con la persona assistita, mentre gli altri quattro lavorano a ore. Molti di loro hanno un titolo di studio superiore al loro impiego, ma solo uno su cinque ha seguito corsi di formazione specifica sul lavoro di cura. E questa è una delle questioni più serie che si pongono all’attenzione. Se la maggior parte degli automobilisti non farebbe riparare la propria auto a meccanici improvvisati, perché affidare ciò che abbiamo di più caro, insieme ai figli, a brave persone – nella gran parte dei casi –, di buona volontà, ma prive di competenze e conoscenze specifiche in ambito geriatrico? Ovviamente considerando previamente le condizioni di salute dell’anziano che potranno pure essere discrete ma che difficilmente col passare degli anni miglioreranno.
Un altro dato dovrebbe indurre a qualche riflessione: negli ultimi cinque anni i lavoratori domestici iscritti all’Inps sono diminuiti di 145mila unità. Questo significa che sono cresciuti i lavoratori in nero o ci sono meno persone disposte a sobbarcarsi quest’attività faticosa, poco remunerativa e scarsamente gratificante, della quale ci sarà però sempre più bisogno considerando che nel 2050 un quarto della popolazione avrà compiuto 75 anni? Sono invece aumentate le badanti italiane (quasi 215mila nel 2015), esito di una crisi economica che ha costretto molte a reinventarsi assistenti famigliari. Rimandando al Fatto di mons. Fasani a pag. 35 per altre considerazioni, ritengo che la possibilità – magari in parte sussidiata – di tenere un anziano nella propria casa, adeguatamente seguito e curato, sia certamente preferibile al ricovero in qualche pur rinomata e benemerita struttura assistenziale.

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