Condiscepoli di Agostino
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I miracoli della carità fraterna fino all’eroismo

Agostino si prodigava giorno dopo giorno perché nella sua comunità cristiana di Ippona si vivesse il comando del Signore, quello dell’amore fraterno reciproco. E perciò non perdeva occasione per parlarne e tenere così viva la coscienza della sua essenzialità...

Agostino si prodigava giorno dopo giorno perché nella sua comunità cristiana di Ippona si vivesse il comando del Signore, quello dell’amore fraterno reciproco. E perciò non perdeva occasione per parlarne e tenere così viva la coscienza della sua essenzialità. Ricorreva per questo ad esemplificazioni efficaci perché tolte dalla vita quotidiana dei suoi ascoltatori. Diceva, ad esempio, che chi ha la carità, essendo come una nave o come una cordata di cervi mentre attraversa un braccio di mare, non esita a portare i pesi gli uni degli altri: “Ascolta l’Apostolo: ‘Portate a vicenda i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo’. Chi sono coloro che portano i pesi gli uni degli altri, se non coloro che hanno la carità? Coloro che non hanno la carità diventano pesanti gli uni agli altri; coloro invece che hanno la carità si portano a vicenda. Uno ti ha danneggiato, ma ti chiede perdono. Se tu non gli perdoni, non porti il peso di tuo fratello. Se gli perdoni porti su di te un infermo. E se anche tu per caso cadrai in qualche infermità, è necessario che come tu hai portato lui, anche lui porti te... Si racconta che i cervi, quando attraversano i bracci di mare per recarsi nelle isole lontane in cerca di pascoli, appoggiano le loro teste l’uno sull’altro. E uno solo, quello che sta davanti, porta la testa da solo senza appoggiarla su un altro. Ma quando anche lui è stanco, si stacca dalla parte anteriore della fila e ritorna indietro, per poter anche lui riposarsi su un altro. In tal modo tutti portano i loro pesi e giungono alla meta desiderata senza subire naufragio, perché per loro l’amore è come una nave”.
La carità fraterna non conosce condizionamenti e limiti. Si spinge fino al dono della vita, sull’esempio di Cristo. A Dio infatti possiamo restituire il suo amore riversandolo sui fratelli: “Vi raccomandiamo perciò la carità. Questa lettera (la prima di Giovanni) raccomanda la carità. Dopo la risurrezione il Signore su che cosa altro interroga Pietro se non: «Mi ami tu?». E non gli bastò interrogarlo una sola volta; e per la seconda volta non gli chiede altro, e nient’altro per la terza volta. Ormai era tediato della terza volta, quasi non gli credesse, come se non sapesse che cosa si agitava in lui. Tuttavia una prima, una seconda, una terza volta lo interroga in questo modo. Tre volte lo ha rinnegato il timore; tre volte ha confessato l’amore. Ecco, Pietro ama il Signore. Che cosa sta per offrire al Signore? Non si sarà anch’egli turbato leggendo in quel Salmo: ‘Che cosa renderò al Signore per tutto ciò che egli mi ha dato?’. Colui che si esprimeva in questo modo nel Salmo capiva bene quanto grandi benefici aveva ricevuti da Dio. E cercava che cosa restituire a Dio, senza trovarla. Infatti qualunque cosa tu voglia restituirgli, da lui l’hai ricevuta per ridonargliela. E che cosa ha trovato da restituirgli? Come abbiamo detto: ciò che aveva da lui ricevuto. Questo ha trovato da restituire. ‘Riceverò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore’. Chi infatti gli aveva dato il calice della salvezza se non colui al quale voleva restituirlo? Ma ricevere il calice della salvezza e invocare il nome del Signore, significa essere saziato della carità, ed esserne a tal punto saziato, che non solo non hai in odio tuo fratello, ma sei preparato a morire per lui. La carità perfetta consiste nel fatto che tu sei preparato a morire per il fratello. Pertanto questa è perfetta carità. Se uno ha una così grande carità da essere preparato anche a morire per i fratelli in lui la carità è perfetta”.

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