Cinema
stampa

Elogio dell’evasione di ottima qualità

La forma dell’acqua
(Usa, 2017)
Regia: Guillermo Del Toro
Con: Sally Hawkins, Doug Jones, Richard Jenkins, Michael Shannon, Michael Stuhlbarg, Octavia Spencer
Durata: 119’
Valutazione Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti

Elogio dell’evasione di ottima qualità

Elisa Esposito (una immensa Sally Hawkins) è una donna della pulizie, orfana (come dice il cognome), muta, che vive sola e abita sopra una sala cinematografica. Suo vicino di casa è Giles (Richard Strickland), spiantato pittore di cartelloni pubblicitari alla Norma Rockwell. Sua migliore amica è la collega Zelda (Octavia Spencer), donna di colore con un marito pusillanime. Nel centro di ricerche dove Elisa e Octavia lavorano si aggira anche il tormentato e sensibile dr. Hoffsteller (Michael Stuhlbarg), che si rivelerà poi essere una spia sovietica, se pur restia alla disciplina di partito. E lì arriverà una creatura tra l’uomo e il pesce (Doug Jones), parente strettissima di quella de Il mostro della laguna nera (1954) di Jack Arnold, vessata e angariata dal colonnello Richard Stickland (Michael Shannon), fieramente di modi fascisti, se è vero che si presenta magnificando le doti del suo manganello elettrificato “modello Alabama”.
Un bell’elenco di freaks e di disadattati, come si vede, che danno corpo e anima a un film di altissima qualità cinematografica e poetica.
Un film che ha, fin dai primissimi fotogrammi, l’acqua e le uova come elementi formali dominanti non può che rimandare, anche nella nostra memoria più profonda, a elementi generativi.
Siamo in situazione amniotica, dentro il mondo quotidiano di Elisa, fatto di piccole ritualità che si ripetono rassicuranti.
In questo mondo irrompe, con la forza di un positivo turbine sconvolgente, una creatura resa fragile dalla cattività e pure affascinante e fortissima.
La storia è ben definita anche cronologicamente. Siamo nell’autunno del 1962: l’Unione Sovietica ha installato i missili a Cuba e la minacciata ritorsione statunitense porta il mondo sull’orlo della Terza Guerra mondiale.
In un gruppo di personaggi che hanno in comune di essere in qualche modo prigionieri, la vicenda che si dipana diventa uno splendido e raffinatissimo elogio dell’evasione.
Un’evasione programmata e consapevole, che trova la sua definizione in un momento davvero positivamente impressionante come quello in cui Elisa, con tutta la forza e la disperazione del suo forzato mutismo, rivendica davanti a Giles la sua piena dignità di persona, quasi con una citazione fatta col linguaggio dei gesti di uno dei più famosi passi del Mercante di Venezia di Shakespeare.
Prima si evade con la fantasia: grazie al cinema (e sono decine i riferimenti a film e trasmissioni televisive dell’epoca) o alla musica (che diventa il primo elemento di comunicazione tra Elisa e la creatura).
Poi si evade per davvero, verso un finale che non va svelato ma che resta negli occhi e nell’anima.

Tutti i diritti riservati
Elogio dell’evasione di ottima qualità
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento