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Da Fontana a Fontana: con Lorenzo un ministro veronese

Il leghista al ministero della Famiglia e della disabilità

Parole chiave: Governo gialloverde (1), Lorenzo Fontana (2), Governo Conte (2), Politica (43), Verona (222)
Da Fontana a Fontana: con Lorenzo un ministro veronese

Era la Prima repubblica, l’inizio degli anni Novanta, quando un veronese ha giurato per l’ultima volta davanti al presidente della Repubblica e ha assunto la carica di ministro. Si chiamava (e continua a chiamarsi) Gianni Fontana, democristiano doc, e da allora di acqua sotti i ponti di Adige e Tevere ne è passata parecchia. Un peccato: significava che Verona è una potenza economica e la quarta città turistica d’Italia, ma politicamente contava meno di Treviso o Avellino.

La traversata del deserto è finita, Verona ha nuovamente un ministro ai piani alti del governo. Il cognome non è cambiato: sempre Fontana, ma Lorenzoenfant prodige della Lega, un tempo figlioccio di Flavio Tosi (gli regalò il suo seggio da europarlamentare), poi nettamente staccatosi da lui con la svolta “sovranista” di Matteo Salvini.

Fontana ha legami, anche personali, fortissimi con Salvini. Per conto suo, Fontana è stato uno degli artefici della candidatura di Federico Sboarina e della costruzione della coalizione di centro-destra che ora governa la città. L’anno scorso assunse la carica di vicesindaco, in realtà più formale che esercitata: la testa era già a Roma, alle elezioni politiche del 4 marzo, alla cavalcata trionfale che ha portato dapprima la Lega a superare Forza Italia nei risultati elettorali, poi Salvini a diventare il vero dominus del centrodestra e, in definitiva, del panorama politico nazionale.

A Fontana, Salvini ha concesso di scegliersi il ministero che voleva, esclusa la carica assegnata al suo braccio destro Giancarlo Giorgetti (sottosegretario della presidenza del Consiglio). Il parlamentare veronese ha scelto quella più in linea con le sue battaglie politiche: ministero della Famiglia e della disabilità. Ha davanti a sé una grande opportunità, e dei paletti alti così. 

L’opportunità è quella di fare qualcosa di veramente concreto per le politiche familiari, semplicemente inesistenti nel panorama politico nazionale da sempre. Quindi non i due bagigi regalati fuori busta, ma ad esempio l’adozione del Fattore famiglia sul piano nazionale. O un reale sostegno economico alla maternità, nel Paese più vecchio del mondo. Da fare ce n’è un sacco, se si privilegiano finalmente i nuclei familiari e non gli individui singolarmente intesi. E non c’è nulla di rivoluzionario nel seguire quel che Francia o Germania fanno da tempo.

I paletti sono quelli del “contratto di governo” stipulato dalle due parti politiche: niente temi etici in agenda. Le sensibilità e gli orientamenti sono assai diversi, tra Lega e M5S. Quindi s’è risolto nel... non affrontare determinate tematiche.

Dal canto suo, Fontana nella prima intervista-trappola concessa dopo la sua nomina, ha ricordato che per lui i matrimoni e le famiglie sono quelle stabilite dalle leggi nazionali, unioni civili comprese che certo non lo fanno impazzire di gioia. Ha aggiunto però che non stravede nemmeno per l’opzione “Elton John”: mi sposo con chi voglio io, faccio figli come voglio io, mamma e papà vadano in soffitta.

Ovviamente è stato messo al muro: non può pensare quel che vuole lui, anche se è stato democraticamente eletto per fare quel che pensa. I suoi capi politici lo hanno tranquillizzato, e zittito. Anche per lui valga il consiglio dato a tutti: faccia e non dica. En passant: le 7mila unioni civili registrate in Italia nel 2017 (Il Sole 24 Ore: “Un flop”) erano uno dei temi decisivi che comprometteva i giorni dei 60 milioni di italiani?

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